Scandali e attacchi militari: così Zelensky affronta l’ora più buia
L’Ucraina vive una fase di grande difficoltà e si troi Usava di fronte a diversi dilemmi. Pesano anche le indecisioni degli alleati, con gli Usa sempre tentati dall’accordo con Mosca

È in grave difficoltà l’Ucraina: sul piano militare e su quello politico. Il Paese, la capitale in particolare, subisce pesanti attacchi aerei, con missili e droni, da parte russa che mettono a dura prova vita quotidiana e infrastruttura civile ed energetica. Sempre più problematico diviene, poi, il controllo di alcune roccaforti nella regione di Donetsk. Kiev ritiene che Mosca punti a far cadere Pokrovsk per far capire a Washington che, se vuole davvero chiudere la guerra, deve imporre agli ucraini di abbandonare tutto il Donbass. Resistere sarebbe, dunque, per Kiev, il solo modo di impedire che il sempre più insofferente Donald Trump, costretto dall’inatteso braccio di ferro con lo “zar” del Cremlino, a spostare il focus sul sempre più alto numero di vittime in entrambi gli schieramenti, ceda alla tentazione di sacrificare i territori rivendicati da Mosca.
Kiev si trova, dunque, di fronte a un dilemma tragico e strategico insieme: ritirarsi, puntando a riorganizzarsi dopo essersi attestata su una nuova linea, o continuare a combattere, ritardando la possibile vittoria russa, tattica e simbolica, in una guerra di logoramento che, già in passato, ha sacrificato molti soldati, la risorsa più preziosa, e sempre più carente, in Ucraina. Un nodo che non può essere tagliato gordianamente, tanto che Volodymyr Zelensky afferma di non essere contrario al ritiro, ma affida la decisione ai militari, chiedendo di fatto alle stellette una comune assunzione di responsabilità capace di tutelarlo dai prevedibili contraccolpi.
Il tutto in una situazione aggravata dal deflagrare degli scandali che hanno toccato il ministro dell’Energia, il ministro della Giustizia e altri esponenti vicini a Zelensky, in particolare Timur Mindich, suo socio in affari che ha lasciato precipitosamente il Paese il giorno prima degli arresti. Scandali che non potevano avvenire in un momento peggiore per il presidente: tanto più delicato perché riguarda la corruzione in un settore, come quello dell’energia, particolarmente delicato per un paese colpito da continui blackout, e perché cade in un momento in cui la situazione al fronte si fa sempre più grave. Se per rallentare le ostilità sul terreno negli anni scorsi Kiev poteva contare sul “generale inverno”, la temperatura politica dell’imminente stagione fredda non pare propizia dopo la venuta alla luce del malaffare energetico.
A ciò si sommano le indecisioni degli alleati. Se gli Usa sono ancora tentati dall’accordo con Mosca, l’Unione europea non decide sul “prestito” di 140 miliardi di euro a Kiev da finanziare con i beni russi congelati. Perplessi sulla misura non sono solo il Belgio, o l’Ungheria di Orban, ma anche i mercati e la stessa Bce, che temono incontrollabili ripercussioni. In tal modo, però, l’Europa, non dispone dei fondi per comprare le armi che gli Usa non forniscono più gratuitamente agli ucraini ed esigono siano acquistate e girate loro, da Bruxelles . È il prezzo in moneta sonante della trasformazione di una storica alleanza politica e militare come la Nato in mero comitato d’affari di Washington: pagato, per ora, in primo luogo dall’Ucraina.
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