Dalle Regionali un primo campanello d’allarme per Giorgia Meloni

Il pronosticato sorpasso di FdI ai danni della Lega non si è avverato: Salvini ora cercherà di presentare il conto a Roma e sul tavolo delle future elezioni

Massimiliano PanarariMassimiliano Panarari
Elly Schlein e Giuseppe Conte festeggiano la vittoria di Roberto Fico in Campania
Elly Schlein e Giuseppe Conte festeggiano la vittoria di Roberto Fico in Campania

Alla fine, in termini calcistici, la tornata delle regionali si è conclusa con un pareggio. 3 a 3, e palla al centro, anche se il sinistracentro continua ad avere evidenti difficoltà a pescare bene da quelle parti.

A eccezione della Puglia e della Campania, dove Elly Schlein per vincere è dovuta infatti venire a patti con quei “cacicchi” che aveva promesso di cacciare.

In quest’ultimo voto regionale sono state avvalorate le previsioni della vigilia: Veneto al destracentro, le due regioni del Sud al campo largo in versione extralarge. E, soprattutto, si è confermata l’avanzata inarrestabile dell’esercito degli astenuti, con oltre un elettore su due rimasto a casa.

Dai grattacapi di Meloni a Salvini ringalluzzito: ecco quali sono i nuovi equilibri al governo
Carlo BertiniCarlo Bertini
Alberto Stefani e Giorgia Meloni sul palco del Gran Teatro Geox di Padova (foto agenzia bianchi)

Come già calcolato da vari specialisti di statistica elettorale, le sei regioni al voto in questi ultimi mesi del 2025 hanno visto un’affluenza complessiva del 44,7% a fronte del 57,2% della consultazione precedente; un dato che, in valori assoluti, corrisponde a circa 2 milioni e 300mila elettori in meno.

Un aspetto sul quale, come si è detto a più riprese, si deve riflettere in maniera molto seria per le implicazioni in termini di sfiducia sempre più sistemica nei confronti dell’offerta politica, e per i correlati rischi di delegittimazione dello stesso sistema istituzionale nel suo complesso.

A partire dall’attività dei nuovi governatori che, per giunta, nel caso del padovano Alberto Stefani e del napoletano Roberto Fico, hanno vinto con percentuali inferiori a quelle dei predecessori e “uomini forti” Zaia e De Luca.

Un astensionismo tanto elevato, e con un trend sempre crescente, pone inoltre un tema di fondo riguardo le strategie di campaigning di tutte le forze politiche: quello di trovare le modalità per mobilitare il proprio elettorato di riferimento (con un’ulteriore spinta potenziale verso la radicalizzazione e la polarizzazione).

Quest’ultima tornata di regionali, in assenza di prossimi appuntamenti elettorali, valeva anche come test per le politiche del 2027. E, dunque, in quest’ottica, può venire valutata alla stregua di un primo campanello di allarme per Giorgia Meloni. In Veneto a FdI non è affatto riuscito il vaticinato sorpasso ai danni della Lega che, anzi, ha stravinto in virtù dell’effetto-traino di Zaia.

È, quindi, facilmente prevedibile che il risorto Matteo Salvini cercherà di presentare il conto tanto a Roma quanto sul tavolo delle future regionali, aggiungendo ulteriori elementi di fibrillazione alla navigazione del governo; e che, a sua volta, il leader leghista nazionalpopulista dovrà saldare la cambiale all’ex inquilino di Palazzo Balbi.

Ma, soprattutto, come mostra proprio anche il risultato in Veneto, il Pd è in campo e aumenta i voti. Gli riesce, giustappunto, specialmente grazie al rispetto dell’accordo da parte di De Luca e all’impressionante consenso personale di cui gode Antonio Decaro.

Un esito che rafforza Elly Schlein – al netto di quanto si muove nei mondi del centro progressista – nella sua competizione tutta a sinistra con Giuseppe Conte per la leadership della coalizione e la candidatura da premier.

Il M5S resta infatti poco più che un comprimario pure nella regione dove ha espresso il neoeletto candidato governatore. Tensioni interne e una situazione che si è rimessa in movimento che porteranno verosimilmente la presidente del Consiglio a pensare di rimettere mano alla legge elettorale, dato che con quella attuale la vittoria non appare più assicurata...

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