Per il dopo Zaia si lavora all’ipotesi dello scambio tra candidature e legge elettorale

C’è una merce di scambio ben nascosta nella trattativa tra Meloni e Salvini sulle regionali: per concedere alla Lega il candidato in Veneto, la premier pretende un sì blindato del Carroccio alla nuova legge elettorale

Carlo BertiniCarlo Bertini
Giorgia Meloni e Matteo Salvini
Giorgia Meloni e Matteo Salvini

C’è una merce di scambio ben nascosta (dietro il paravento dell’esito del voto nelle Marche) nella trattativa tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini sulle candidature alle regionali: per concedere alla Lega il candidato in Veneto, la premier pretende un sì blindato del Carroccio alla nuova legge elettorale. Si dirà: e a che scopo? Ha così tanta importanza per la Lega questa faccenda? Ebbene sì: con il nuovo sistema di voto, tanto per cominciare, il simbolo sulla scheda elettorale non potrebbe essere più “Lega per Salvini premier”, bensì “Lega per Meloni premier”.

Questo perché l’indicazione del candidato presidente del Consiglio diventerebbe obbligatoria per tutti i partiti che vogliano correre in coalizione. E quindi per forza di cose anche Tajani dovrebbe stampare sulle schede “Forza Italia per Meloni premier”. E per forza di cose, con sommo gaudio di Meloni, nel centrosinistra scoppierebbe un cortocircuito tra Pd e 5stelle su chi guiderà il campo largo alle politiche.

Per il Capitano sarebbe uno smacco peggiore: l’immagine di capo assoluto potrebbe sfarinarsi, con una ricaduta negativa nella competizione con il generale Vannacci sulla leadership; senza contare le resistenze di colonnelli e capetti vari, affatto propensi nei loro territori a portare acqua al mulino del partito avversario: perché è così che i leghisti percepiscono i cosiddetti Fratelli. Dunque si capisce perché tanta resistenza ad ingoiare questo nuovo sistema elettorale. Che richiede, tra parentesi, un voto di fiducia di tutte le guarnigioni pronte a schiacciare il bottone, orecchie basse, poiché senza fiducia la legge elettorale (che scontenta tutti) verrebbe impallinata nei voti segreti in aula.

Concessi dal regolamento alla Camera a chi ne faccia richiesta. Oltre ai no della sinistra, pioverebbero i no dei peones di destra, in quanto il nuovo sistema farebbe perdere alla Lega una ventina e passa di seggi rispetto ad oggi: sarebbe un sistema proporzionale, senza sfide nei collegi uninominali dove la Lega è forte.

Terreno dove nella scorsa edizione ha pure beneficiato di un lascito di collegi sicuri calcolato in base ai sondaggi di agosto 2022, che la davano sovradimensionata rispetto all’8 per cento conquistato poi da Salvini nelle urne. Insomma un castigo di Dio per il Capitano.

Per Giorgia, più delle Marche, conta un ok alla legge elettorale. Perché allora per sbloccare le candidature nelle altre regioni si sta aspettando il voto che vede favorito il governatore uscente Acquaroli? Perché serve a testare la buona fede degli alleati: in pratica i Fratelli vogliono verificare quanto contano nelle urne Salvini e Tajani prima di concedere alcunché. E i numeri, anche nelle zone dove un partito è meno presente, raccontano molto dell’impegno profuso nella campagna elettorale: infatti Matteo è nelle Marche da giorni, vuol far vedere di essersi impegnato a dovere.

Insomma, da come il centrodestra vincerà (e anche se perdesse) verranno alla luce elementi utili a valutare tutto il pacchetto di decisioni da assumere: ma per avere il Veneto, in ogni caso il Capitano dovrà piegare il capo a “Lega per Meloni premier” sulla scheda.

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