Il crocevia referendum per Meloni
Se c’è un evento che potrebbe “mettere fretta” alla leader FdI, si tratta proprio del referendum sulla giustizia. A maggior ragione se il risultato dovesse risultare netto: in un senso o nell’altro. Una sconfitta bruciante potrebbe aprire una ferita, in termini di consenso, che rischierebbe d’aggravarsi nei mesi che portano alle politiche

Sarà solo un anno cuscinetto, il 2026, in attesa del grande showdown delle Politiche? Il nuovo anno elettorale potrebbe essere più interessante di quanto il calendario lascia intendere. E l’appuntamento più intrigante e gravido di conseguenze arriverà molto presto, con il referendum costituzionale che dovrebbe celebrarsi già a marzo.
La lunga corsa a tappe delle Regionali 2025 ha lasciato sostanzialmente inalterato il quadro politico: 3 a 3 il risultato complessivo (esclusa la Valle d’Aosta). Confermati i colori politici delle amministrazioni uscenti. Nessuno scossone ai sondaggi nazionali, che da mesi inchiodano i partiti alle stesse percentuali. Insomma, un quadro di stabilità cui non eravamo abituati. Che fa apparire quantomeno plausibile, in vista delle prossime Politiche, quello che sarebbe un inedito assoluto dall’avvio della seconda Repubblica: una maggioranza e un governo capaci di “vincere” di nuovo, e confermarsi alla guida del Paese.
Diventa importante, allora, ragionare sull’evento che potrebbe spezzare l’equilibrio: dal quale potrebbero arrivare le insidie per il centro-destra meloniano. Nell’anno che conduce all’appuntamento che tutti attendono, previsto per il 2027. Salvo sorprese.
La prossima primavera ci regalerà elezioni amministrative di un certo interesse: su tutte, le comunali a Venezia. Altri appuntamenti di grande rilievo andranno tutti a intasare il calendario 2027, quando si voterà a Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Trieste. Oltre, appunto, alle Politiche. In autunno, insieme alle regionali siciliane? In primavera, insieme alle consultazioni municipali? O addirittura prima?
Ad oggi, appare ancora improbabile che la presidente del Consiglio possa decidere di accorciare la scadenza del proprio mandato. Ma se c’è un evento che potrebbe “mettere fretta” alla leader FdI si tratta proprio del referendum sulla giustizia. A maggior ragione se il risultato dovesse risultare netto: in un senso o nell’altro. Perché si tratta del tema che maggiormente ha incendiato la battaglia politica negli ultimi 30/35 anni. Perché, al di là dei tentativi di spersonalizzare, si tratterà inevitabilmente (anche) di un referendum sul governo e sulla premier.
Una sconfitta bruciante, allora, potrebbe aprire una ferita, in termini di consenso, che rischierebbe d’aggravarsi nei mesi che portano alle politiche. Anche un successo “importante”, tuttavia, potrebbe alimentare la tentazione di andare all’incasso elettorale: per ottenere una maggioranza ancora più forte, e ancor più sbilanciata sul partito maggiore.
Meloni ha finora esibito grande cautela. Capacità di imparare dagli errori dei predecessori. Ha fatto della stabilità una stella polare: il fiore all’occhiello dell’esecutivo. Anche per questo, a differenza di quanto fece Renzi nel 2016, non si sta spendendo in prima persona per il referendum. Non del tutto prevedibile, tuttavia, sarebbe la sua reazione di fronte alla prima, eventuale sconfitta. Sondaggi alla mano, si tratta comunque, ancora, dello scenario meno probabile. Oggi. C’è stato un tempo, tuttavia, nel quale il quadro politico cambiava a grande velocità. Fino a non molto tempo fa .
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