ProPal, il messaggio della piazza alla politica
Le manifestazioni degli ultimi giorni hanno in comune la partecipazione di italiani che si sono già attivati per la causa palestinese. Ma hanno anche qualcosa di diverso: un afflato universalistico che trasforma la manifestazione contro il genocidio a Gaza in una manifestazione in favore di qualcosa

Roma, Milano, Firenze, Napoli. E, ovviamente, il Nord Est. Quasi tutte le principali città italiane sono attraversate da manifestazioni di fermento per la Global Sumud Flotilla, l'iniziativa umanitaria internazionale diretta a Gaza per portare aiuti, rompendo il blocco navale israeliano. Un'impresa senza precedenti che coinvolge 500 cittadini di oltre 40 diversi Paesi.
Tra martedì 30 settembre e mercoledì primo ottobre la Flotilla è entrata nella «zona rossa»: la marina militare israeliana ha cominciato a prendere il controllo delle imbarcazioni poco dopo le 20 italiane. Da allora, le notizie si sono rincorse ed hanno attivato le reti di solidarietà presenti in Italia. In poche ore, nella giornata di mercoledì, circa 300 manifestanti della Rete Pro Pal e studenti del Collettivo autorganizzato universitario hanno occupato la stazione centrale di Napoli; poi è stato il turno della sede storica dell'Università L'Orientale e il Dipartimento di Lettere dell'Università Federico II. A Roma, i ragazzi hanno marciato verso il Colosseo, insieme anche a quelli che una volta si chiamano gli «studenti medi», quelli delle scuole secondarie superiori. Il Nord Est non è da meno con manifestazioni partecipate e diffuse.
Sono manifestazioni anti-meloniane, come la stessa premier ha sostenuto, rispetto alle mobilitazioni dei giorni passati? Aiuteranno le ragioni del negoziato o creeranno solo scompiglio? Sono domande importanti, ma credo che la più importante sia un'altra: cosa ci dicono queste manifestazioni semi-spontanee che sono scoppiate in concomitanza dell'avventurarsi della Flotilla nelle acque internazionali a qualche decina di miglia da Gaza?
Le manifestazioni degli ultimi giorni hanno in comune la partecipazione di italiani che si sono già attivati per la causa palestinese nell'arco degli ultimi mesi. Ma hanno qualcosa di diverso: un afflato universalistico che trasforma la manifestazione contro un evento (il genocidio dei gazawi) a una manifestazione in favore di qualcosa.
Che cosa, allora? Cosa rappresenta, in fondo, l'impresa della Flotilla? Il tentativo di far sentire la propria voce, di mostrare che si può «disobbedire» - incautamente, se si vuole, ma civilmente e pacificamente, senz'altro – a un sistema di complicità (nella peggiore delle ipotesi) o di condanna distaccata (nella migliore) che comunque non impedisce al governo di Netanyahu di annientare un popolo.
Si legge spesso che c'è indifferenza rispetto a questo tema. Io non credo. Mi pare invece che questa causa abbia mobilitato animi che si erano sopiti. La Flotilla simboleggia l'idealismo, l'ideale romantico – in senso letterario – di chi è disposto a rischiare la propria vita per attirare l'attenzione su un problema vitale e comune.
L'ampia partecipazione alle manifestazioni in piazza spiega, insomma, la necessità dell'altruismo di cui è intrisa l'alta politica, oltre alla condanna – senza se e senza ma – alla politica della convenienza, in cui si dà in cambio di qualcosa.
È un segnale importante. Ora, però, bisogna che le forze politiche del nostro Paese sappiano coglierlo.
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