Flotilla, i passi falsi e le esitazioni a sinistra

L’abbordaggio delle barche mette a nudo la disastrosa gestione della sinistra italiana 

Carlo BertiniCarlo Bertini
Elly Schlein (Ansa)
Elly Schlein (Ansa)

Flotilla, ultimo atto: l’abbordaggio delle barche, il cui esito si spera non sia ancor più drammatico, mette a nudo la disastrosa gestione della sinistra italiana di questa vicenda, che tanto colpisce la pubblica opinione con un sentimento anche di empatia popolare verso i volenterosi imbarcatisi con sprezzo del pericolo.

Prima, un atto di ipocrita disubbidienza al capo dello Stato, con quella finta adesione al suo appello di consegnare gli aiuti umanitari alla Chiesa di Gerusalemme, cui non è seguito alcun abbandono da parte dei deputati Pd a bordo.

Poi un intermezzo sconcertante: una volta chiuse le urne nelle Marche con l’esito che sappiamo, appurato che la kefiah non ha portato voti a Matteo Ricci, è arrivato il «contr’ordine compagni»: i deputati Pd non forzeranno il blocco.

Così due giorni fa annunciavano, dopo aver sentito Elly Schlein, lo skipper Arturo Scotto e Annalisa Corrrado: «Crediamo che nessuna delle imbarcazioni forzerà il blocco, perché si tratta di una missione pacifica e non violenta: queste sono le regole di ingaggio fin dall’inizio».

Ma i colleghi dei Verdi e della Sinistra non volevano mollare la lotta, così, per non farsi scavalcare da Avs e dai 5s, i deputati dem non hanno colto l’invito lanciato dalla fregata Alpino a chi volesse fermarsi prima del peggio, di salire a bordo. Nulla questio sul coraggio dimostrato, ma la condotta ondivaga del maggior partito d’opposizione è parsa un segno di debolezza.

Il Pd, ignorando le autorevoli voci discordanti al suo interno e malgrado il capo dello Stato in quel partito abbia avuto sempre l’ultima parola, ha inseguito invece Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Avrebbe potuto cavalcare meglio il forte impatto politico prodotto dalla lodevole missione della Flotilla: magari con una prolungata battaglia parlamentare unitaria per far emergere le inadempienze dei governi europei, che non si sono fatti carico di provare a scardinare il blocco illegale degli sbocchi a mare di Gaza perpetrato da Israele fin dal 2009.

Piuttosto che dare la benedizione a un tirare dritti fino alle estreme conseguenze. Per non dire quanto l’immagine di un “campo progressista” ammaccato dal voto nelle Marche, uscirà ulteriormente frantumata dall’arcobaleno di mozioni su Gaza alla Camera dopo il discorso del ministro degli Esteri.

A completare il quadro di una sinistra che naviga a vista, c’è il sindacato. Se negli anni ’70 Luciano Lama avesse proclamato uno sciopero generale della Cgil «per i compagni arrestati», dalle parti di Botteghe Oscure, sede del Pci, avrebbero pensato a uno scherzo. Erano tempi e accadimenti molti diversi: imparagonabile la campagna dei volontari della Flotilla, che rischiano la pelle per una giusta causa, con le violenze di piazza di gruppi e gruppettari della sinistra d’antan.

Ma un sindacato responsabile dovrebbe pensarci cento volte prima di armare gli animi, promettendo di proclamare uno sciopero generale «tempestivo» che bloccherà l’Italia se ci sarà il blocco o l’arresto degli equipaggi. E visto che quel “se” è divenuto in queste ore realtà, è in arrivo una mobilitazione che punta scavalcare quella di una settimana fa di Cobas, Cub e sindacati autonomi, e che sabato riempirà le piazze.

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