Primarie subito o la sinistra perderà ancora

Con 4,365 milioni di voti contro 4,141 milioni del centrodestra, il centrosinistra rischia di partire svantaggiato se non sceglie rapidamente un leader unitario e definisce un programma comune prima delle elezioni politiche

Carlo BertiniCarlo Bertini
Centrosinistra: numeri vicini al centrodestra, ma serve subito il candidato premier
Centrosinistra: numeri vicini al centrodestra, ma serve subito il candidato premier

Due numeri che dicono molto: 4.365 milioni di voti al centrosinistra e 4.141 milioni di voti al centrodestra. È la somma dei consensi ottenuti dalle due coalizioni nelle sei elezioni regionali del 2025. Una somma aritmetica, non politica, però, da cui trarre una prima conclusione: che il centrosinistra, pur competitivo, ha bisogno di decidere subito chi debba essere il candidato premier alle politiche. Perché la forza dei numeri senza un leader unico non fa una vittoria.

Il popolo vede due generali al comando nel centrosinistra, che rischiano la fine di Bruto e Cassio, suicidi entrambi dopo aver tentato di restaurare la Repubblica una volta tolto di mezzo Cesare.

Dice bene su queste colonne Fabio Bordignon che Elly Schlein ha mostrato qualche segno di attenzione al problema, offrendosi di sfidare la premier in casa sua, alla festa di Atreju. Ma invitando il leader dei 5stelle sul palco insieme a Schlein, Giorgia Meloni ha abilmente scoperchiato la piaga infetta nel corpo del nemico, mostrandola al pubblico ludibrio. Quindi dopo l’esito disgraziato del tentativo di accreditarsi come leader del campo largo, sabotato da Conte con la sponda di Meloni, Elly dovrebbe convincere il suo “alleato” a convocare i gazebo del centrosinistra al più presto: per far decidere “alla nostra gente”, come usa dire Pierluigi Bersani, chi debba guidare la compagine. Se lei, lui o la terza incomoda Silvia Salis lanciata da Matteo Renzi.

Ora, dopo il rifiuto di Conte a costruire da ora un programma comune del “campo largo”, si è capito che l'ex premier non darebbe alla coalizione una fisionomia unitaria fino all’ultimo minuto utile. Utile per sottrarre consensi al Pd. Magari però, l’argomento dei sondaggi che lo danno vincente alle primarie di varie lunghezze, potrebbe servire a Schlein per tentare un’accelerazione. Non basta che da Montepulciano i vari Andrea Orlando, Dario Franceschini, Roberto Speranza, dicano che è lei la leader di tutti e che non si cercano “papi stranieri” alla Romano Prodi. Perché se questa tesi non si trasformerà in una decisione corale ed accettata anche dai 5stelle, il centrodestra comincerebbe questa primavera, dopo il referendum sulla giustizia, la sua corsa verso le urne del 2027 con un vantaggio innegabile agli occhi dei cittadini. Sarebbe una competizione sbilanciata in partenza.

Ergo, a Schlein, ma anche a Conte (a meno che lui non voglia perdere le elezioni per lucrare dall’opposizione) non conviene aspettare la mossa degli avversari sulla legge elettorale per vedere se saranno obbligati a indicare il candidato premier prima del voto oppure no. Anche se non lo fossero (per una resipiscenza di Meloni in ossequio alla Costituzione che pone la scelta del presidente del Consiglio nelle mani del capo dello Stato) non è opportuno che gli elettori si trovino a votare una coalizione con un leader riconosciuto, che già siede a Palazzo Chigi da anni; o un’altra formata da partiti in competizione, senza sapere quale dei due capi principali finirà per comandare; e senza avere un’idea di quale sarebbe la linea del governo. Se a questo poi si sommano le divergenze tra Pd, 5stelle e centristi sull’Ucraina, sulla Difesa, sull’Europa, è evidente come risulti altrettanto urgente la stesura di un progetto condiviso sui temi principali, fattibile solo in concomitanza con le primarie di coalizione. Le scelte incombono, in politica il tempo è tiranno. —

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