Quelle sterili accuse politiche sul maltempo

Il vizio e il vezzo sono trasversali, e non da oggi: accomunano destra e sinistra. Ma occorre aggredire le cause di fondo, che sono due: i cambiamenti climatici e il consumo di territorio

Francesco JoriFrancesco Jori

Piove, governo ladro. Un refrain vecchio quanto il mondo e (ab)usato sotto tutte le latitudini, geografiche e istituzionali: Nord e Sud, Est e Ovest, monarchie e repubbliche, dittature e democrazie. Si vocifera che venga adottato perfino nei Paesi desertici, sia pure capovolto: non piove, governo ladro comunque. Perciò suona strumentale, ma soprattutto ridicolo, il puntuale tiro al bersaglio politico praticato dopo i devastanti episodi di maltempo registrati nell’ultima decina di giorni anche sul Nord Est: quando in tre ore cade la quantità di pioggia che di norma si registra in un mese, c’è poco da arruolare financo il meteo per tirarsi la volata dei consensi. Che non sia un episodio isolato, lo segnalano del resto le cronache: dall’inizio dell’anno a oggi, la Regione Veneto ha già fatto ricorso sei volte alla dichiarazione di emergenza per calamità naturali; otto nel 2024.

Il vizio e il vezzo sono trasversali, e non da oggi: accomunano destra e sinistra, ciascuna pronta a prendersela, quando è all’opposizione, contro chi è al governo di turno. Entrambe vengono puntualmente smentite dagli esperti, i quali anche stavolta hanno pazientemente spiegato quello che ripetono da sempre ad ogni calamità naturale: di fronte a eventi estremi, le manutenzioni ordinarie non bastano, occorre aggredire le cause di fondo.

Che sono due: i cambiamenti climatici e il consumo di territorio. Dai ghiacciai dolomitici al litorale adriatico, le temperature dell’area sono in manifesta salita ormai da anni, con devastanti effetti collaterali. Quanto ai suoli, sono attaccati (anch’essi non da oggi) da quel Covid ambientale che è la cementificazione a oltranza, tale da renderli sempre più fragili. Con il Veneto maglia nera in Italia, assieme alla Lombardia, per bulimia di cantieri.

Qualcosa si sta oggettivamente facendo, con opere di manutenzione che comunque sono partite tardi, e tuttora sono condizionate dalla carenza di fondi. Ma è come un’aspirina per far fronte a una broncopolmonite: anziché perdere tempo e fiato sullo scontato «è colpa tua», le forze politiche dovrebbero lavorare a un’intesa trasversale per adottare quegli interventi di fondo che autorevoli esperti di varia estrazione hanno da tempo indicato. Cominciando dall’adeguarsi alle direttive europee, e proseguendo con il ricorso a misure inutilmente invocate ab illo tempore, come una gestione razionale dell’acqua che invece sperperiamo stoltamente. È un impegno che chiama in causa anche le persone, oltre che chi le governa: troppi stili di vita sono nemici cruenti dell’ambiente, come testimoniato anche quest’estate dai cafoni della vacanza.

A questa consapevolezza dovrebbe servire il meteo ribaldo dei giorni scorsi: sappiamo benissimo che non sarà un episodio isolato, ma che tornerà a ripetersi, sempre più spesso e con sempre maggiore violenza. Dunque, anziché perder tempo con comunicati, attacchi, denunce, sarebbe meglio concentrarsi su quell’oggetto misterioso che si chiama prevenzione, e che ci vede fanalino di coda in un’Europa già avara di sua in materia.

I Paesi dell’Unione europea destinano in media a questa voce appena lo 0,65 per cento del Pil; noi restiamo al di sotto, fermi allo 0,40. Se Austria e Danimarca investono 500 euro a cittadino, l’italiano deve accontentarsi di 190. In compenso, spendiamo miliardi a palate per aggiustare i guasti. Ma non c’è da farsi illusioni: pioverà ancora e tanto; farà ancora danni, e tanti; a quello che arriverà dal cielo continueranno ad aggiungersi esternazioni a nastro, e tante. E pensare che almeno quelle, prevenirle costerebbe così poco.

Riproduzione riservata © il Nord Est