Le ambizioni del partito dei sindaci

Bisognerà vedere se alla contesa per la leadership, i giovani volti del “partito dei sindaci” saranno davvero ai blocchi di partenza. Di sicuro, l’ambizione non fa loro difetto e non sembra essere quella di portare solo acqua al mulino di Schlein, Conte e Fratoianni

Carlo BertiniCarlo Bertini
Un sindaco indossa la fascia tricolore
Un sindaco indossa la fascia tricolore

Il centrosinistra ha una nuova “gamba”, la “quarta”, per accrescere la stabilità di una creatura ancora in gestazione a due anni dalle politiche: il rinato “partito dei sindaci”, che insieme alla “Casa dei Riformisti” di Matteo Renzi e company, dovrebbe unirsi a Partito democratico, al Movimento 5 stelle e ad Alleanza Verdi e Sinistra nella crociata contro Giorgia Meloni e il suo centrodestra. Provando a pescare voti nell’astensionismo e nel cattolicesimo democratico, nel grande bacino del voto moderato, insomma.

Detta così potrebbe avere un senso, anche se esperimenti analoghi da trent’anni in qua si sono sempre insabbiati nelle paludi romane; e se quel terreno è presidiato da una Forza Italia in procinto di riacciuffare una quotazione a doppia cifra, superando la soglia del 10 per cento.

Premessa. Poche volte il salone dell’hotel Parco dei Principi di Roma è parso così gremito come al battesimo del “Progetto civico Italia” con duecento sindaci e due stelle che brillavano più di altre: quella di Silvia Salis, la giovane prima cittadina di Genova, e quella di Alessandro Onorato, che di Roma è assessore al Turismo e allo Sport. Ressa di fotografi e telecamere. Format in stile Leopolda, con video, interviste ai giovani cervelli in fuga per segnalare quanto ci sarebbe da fare per rendere il Bel paese appetibile «amministrando bene, facendo le cose che ci sono da fare».

Slogan coniato da Roberto Gualtieri, «non si lavora per il premio della critica, ma per quello del pubblico, si vince per trasformare il Paese»; accanto a Salis, anche il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, sostenuto nel 2023 dalle liste Pd, Azione, Italia Viva, a dimostrazione che il parterre di mille e passa convenuti a Roma si nutre di una cultura che ha nel riformismo pragmatico la sua bussola ispiratrice, scevra di ideologismi e radicalismi vari.

Parole d’ordine, «la sicurezza è una priorità», palesi gomitate di Salis a Elly Schlein (mai citata), con quel «basta con la corsa a chi è più di sinistra, volare alti, bisogna dire chi siamo noi e non contro chi siamo».

E poi, by Onorato: «Non abbiamo bisogno di una contrapposizione obbligata», e «il campo largo ha senso se non diventa una gabbia», in omaggio a Giuseppe Conte, di cui il giovane paladino di Goffredo Bettini, seduto sotto il palco, loda «il lavoro difficile e fruttuoso sui 5 stelle».

Competizione virtuosa tra varie forze, per pescare in bacini diversi e marciare uniti, questa la linea. E se in futuro davvero si terranno le elezioni primarie per chi guiderà le forze progressiste, c’è da scommettere che qualcuno dei nuovi volti del “partito dei sindaci” si affaccerà sul proscenio.

Ma la storia consegna una riflessione. Anche se Comuni, dopo il Capo dello Stato, sono l’istituzione in cui i cittadini ripongono maggior fiducia, surclassando lo Stato, il Parlamento e i partiti, sono stati pochi i sindaci saliti dal successo locale alla ribalta nazionale: Walter Veltroni, Francesco Rutelli, Matteo Renzi e in scala minore Guido Crosetto, Graziano Delrio, Lorenzo Guerini. Segno che non basta saper amministrare una città per governare una nazione.

Ci vuole pertanto una grande ambizione per affrontare la scalata, ma anche saper guardare lontano, capacità di leadership, saper “bucare il video” e indubbie doti manovriere, tutte qualità che di solito i cittadini fiutano al volo.

Bisognerà vedere se alla contesa per la leadership, i giovani volti del “partito dei sindaci” saranno davvero ai blocchi di partenza. Di sicuro, l’ambizione non fa loro difetto e non sembra essere quella di portare solo acqua al mulino di Schlein, Conte e Fratoianni.

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