Nozze Bezos a Venezia: loro se ne vanno, ma restano i problemi
La cortina di silenzio che è calata dopo la partenza di mister Amazon torna ad essere la vera pietra tombale di una Venezia che sta morendo al buio: malata di assenza totale di futuro, fagocitato in un lucroso, soffocante, esiziale presente di melma


La febbre è passata, la malattia rimane. I freschi sposi Bezos se ne sono andati dopo aver fatto schizzare in alto la temperatura della laguna, e la loro favola ora prosegue altrove secondo lo schema canonico “e vissero felici e contenti. Continua pure la mesta storia di una Venezia che, calato il sipario della Grande Recita, si trova dietro le quinte a convivere con l’antico groviglio di nodi irrisolti.
È il triste destino di una città che, in attesa di sprofondare nelle acque che la circondano, è già stata ampiamente sommersa dalle devastanti acque alte delle parole a vagoni; contro le quali non c’è Mose che tenga. E che anche nei giorni del Bezos-show ha dovuto subirne l’ennesima alluvione, decisamente fuori misura sia nei pro che nei contro.
Certo, dietro il fastoso passaggio del re di Amazon rimane una quantità non indifferente di soldi, che non guastano mai: specie i tre milioni donati dalla coppia a fondazioni che si occupano della salvaguardia della città. Molti di più sono stati quelli passati di tasca in tasca; ma si tratta pur sempre di denaro subito triturato nel frullatore dei consumi, bruciato nell’oggi anziché investito nel domani.
E uno dei massimi esperti in consumismo ad oltranza come Bezos ha ottenuto quel che voleva, non solo dai primi piani di ospiti e curiosi, ma pure dal coro delle contestazioni a tutto campo: mettersi in vetrina, far parlare di sé, vendere la propria immagine e soprattutto il proprio prodotto. Pure la città, di riflesso, si è ritrovata di colpo proiettata su uno schermo planetario, richiamando su di sé l’attenzione del mondo; e pure questo non guasta. Ma la cortina di silenzio che è calata dopo la partenza di mister Amazon torna ad essere la vera pietra tombale di una Venezia che sta morendo al buio: malata di assenza totale di futuro, fagocitato in un lucroso, soffocante, esiziale presente di melma.
Il catalogo dei mali che l’affliggono è fin troppo noto. Oltre 30 milioni di arrivi ogni anno, più di 90mila al giorno. Migliaia di stanze trasformate in posti-letto da turisti: tra b&b, Airbnb e similari, l’extralberghiero sfiora ormai le 50mila unità, il doppio rispetto a dieci anni fa. I veneziani residenti sono scesi sotto i 50mila, meno del numero dei dormienti del mordi&fuggi, e l’esodo continua: se ne vanno in 1.200 l’anno, come dire 100 ogni mese. Così la città si avvia inesorabilmente a ridursi a un rudere turistico, alla faccia dell’overdose di inutili convegni e di ambiziosi progetti inesorabilmente inchiodati alla sola carta. L’Unesco l’ha promossa proclamandola patrimonio dell’umanità, e c’è perfino una fondazione che si intitola “Venezia capitale mondiale della sostenibilità”. Ma dietro le etichette, niente: da decenni la città diventa sempre più insostenibile, non per inesorabili calamità naturali, ma per la colpevole inerzia di uomini senza qualità.
Chi parla con i residenti, i veneziani silenziosi che in questi giorni non si sono arruolati né tra i voyeur né tra i contestatori, si sente dire che Bezos in fondo non ha fatto la differenza rispetto al Niagara di turisti che ogni giorno, e pure in questi giorni, si abbattono sulla città: il disagio, un intollerabile disagio, rimane e rimarrà. “Splendida ma fragile”, l’aveva chiamata papa Francesco nella sua memorabile visita dell’anno scorso, avvertendo che senza una vera cura “potrebbe perfino cessare di esistere”. Spenti gli applausi, è calata l’atavica sordità di sempre, restituendo Venezia all’implacabile sentenza della canzone di Guccini: “la dolce ossessione dei suoi giorni tristi / Venezia la vende ai turisti”. Magari, grazie ai costosi confetti nuziali di Bezos, acquistabile comodamente da casa, su Amazon.
Riproduzione riservata © il Nord Est