Meloni tra promesse e consenso blindato

Riforme a rilento, niente stop alla Fornero e flop migranti. Ma la premier domina la scena politica e tiene nei sondaggi

Carlo BertiniCarlo Bertini
La presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni
La presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni

Niente abolizione della legge Fornero nel 2025, niente blocco navale e flop della deportazione di migranti in Albania, niente riduzione delle accise, lieve riduzione dell’Irpef. Riforme a passo di gambero, uno step avanti e uno indietro, come per Autonomia regionale e Premierato; un grosso target centrato, la riforma della giustizia, che - passata indenne da quattro letture blindate in Parlamento - dovrà però attraversare il cerchio di fuoco del referendum; e una legge che abolisce l’abuso di ufficio e vieta di pubblicare intercettazioni a go go.

Infine, una manovra di bilancio light, poco ossigeno per fasce deboli e ceto medio, in attesa della prossima che a ridosso delle elezioni politiche, dovrà essere di manica larga. E poi, un’enorme occasione in parte sprecata: finora solo la metà dei 153 miliardi di euro piovuti da Bruxelles, grazie al Pnrr, è stato speso: cantieri lenti e progetti fermi nei cassetti dei ministeri. Risultato: un Pil stagnante nel 2025, a dispetto di una pioggia di miliardi mai vista prima.

Malgrado ciò, indici di gradimento protetti da una sorta di anticiclone delle Azzorre per la premier Giorgia Meloni. Questo il bilancio del 2025, terzo anno di una maggioranza di destra senza rivali, che gioca a porta vuota, ma che sa vendere la sua merce facendola brillare agli occhi dei cittadini. E soprattutto, guidata da una leader a tutto tondo, capace di fare la voce grossa con gli avversari, di blandire gli alleati; e di fare slalom in Europa, mandando avanti altri in trincea senza esporsi ad eventuali fallimenti: come nel caso di Macron, nel ruolo di “signor no” sugli asset russi da destinare all’Ucraina, con Giorgia dietro le quinte a incassare il doppio dividendo: lo sdoganamento dei bond europei per un fine superiore e l’assenso di Salvini già pronto a fare le barricate.

1 Fact checking e attendibilità

Brava dunque la premier. Ma nello stesso tempo, non del tutto affidabile, a scorrere le sue dichiarazioni di intenti: un fact-checking del sito Pagella Politica nel triennio del suo governo, dimostra che le “uscite” di Giorgia risultate attendibili siano state meno di un terzo. «Nel 2025 – si legge nel report – su 190 dichiarazioni, quelle attendibili sono state 59, pari al 31,1 per cento del totale. Quelle imprecise, 66, il 34,7 per cento, mentre 65, il 34,2 per cento, sono risultate “poco o per nulla attendibili”». Ecco, di tutto ciò il grande pubblico non se ne cura, ormai basta saper “bucare il video” per far credere che le cose marcino alla grande.

2 Delegittimare gli avversari

Ma c’è un altro asset forte nella bisaccia di Meloni: i suoi Fratelli d’Italia hanno dimostrato di essere tutti “cintura nera” nello sport in auge di delegittimare gli avversari. Dal caso del fiancheggiatore dell’Isis arrestato, fatto ricadere sulla testa di fedelissimi di Elly Schlein come Laura Boldrini, al consigliere del Quirinale Francesco Garofani, ex deputato Pd, beccato a concionare sul governo da mandare a casa - a riprova di una fantomatica “trama del Quirinale” - sono molti i casi ben sfruttati dalla destra.

Anche per giustificare uno spoil system metodico e seriale in tutti i gangli del potere romano, con una campagna contro “l’amichettismo” di sinistra che ha dominato per decenni la scena culturale e dello spettacolo italiani. Culminata in una demolizione scientifica della cosiddetta “egemonia culturale” esercitata fin qui dal “nemico”, soppiantata da una scientifica occupazione di posti di potere, foriera di polemiche: come le denunce di attori e registi per il giro di vite sui finanziamenti statali e gli scontri con maestranze e critici musicali per una nomina contestata alla Fenice di Venezia.

3 Le leggi promulgate

E anche nel terzo anno del suo regno, Meloni non si è allontanata dai risultati dei due anni precedenti, in termini di qualità della produzione legislativa. I 12 mesi appena trascorsi hanno prodotto norme di questo tenore: come si può verificare nella sezione “Leggi promulgate nel 2025” del sito della Camera dei deputati, a gennaio 2025 è stato votato il decreto annuale per consentire l'invio di dotazioni militari all’Ucraina, l’istituzione di un parco ambientale nella marina di Orbetello, una legge sulla giustizia e una per non far chiudere l’Ilva; a febbraio una legge contro l’abbandono scolastico ed una per la sicurezza sul lavoro; a marzo, le norme contro l’immigrazione clandestina con la convenzione Italia-Albania; ad aprile l’istituzione della giornata per gli Abiti storici, ma anche della giornata per la Prevenzione veterinaria; e l’abrogazione di leggi del periodo monarchico dal 1861 al 1946.

Insomma, a colpo d'occhio, tranne la separazione delle carriere dei giudici, non restano agli atti svolte normative che lascino il segno. Tanto meno nella legge di bilancio 2025-2026: taglio del cuneo fiscale. Revisione delle aliquote Irpef. Bonus bebè. Rafforzati congedi parentali e bonus asilo nido. Esonero contributivo mamme lavoratrici. Aumento detrazioni per scuole paritarie. Fondo di garanzia mutui per la prima casa.

A quanto pare, ben poca cosa. Ma i fuochi di artificio sono riservati all’anno domini 2027. Sempre che, dopo il referendum sulla giustizia, vinto o perso che sia, Giorgia non deciderà comunque di andare a votare prima. —

Riproduzione riservata © il Nord Est