Esame di Maturità, la scuola non è competizione
Una scuola solo selettiva, che non guardi anche alla formazione di un buon gruppo-classe, che non tenga conto delle fragilità e delle potenzialità di ogni singolo giovane, che metta gli studenti in serrata competizione fra loro, è una scuola incompleta e forse profondamente sbagliata


Uno studente padovano si è rifiutato di rispondere all’esame orale della Maturità. Ha motivato la sua scelta come protesta contro una scuola troppo basata sui voti, troppo lontana dalle vere esigenze dei giovani.
È stato promosso lo stesso, perché le regole attuali lo prevedono. Va detto che queste regole per costruire il voto della Maturità sono regole sbagliate, che andrebbero riviste. Come ho sempre fatto negli esami universitari che mi sono trovato a organizzare, per evitare preparazioni incomplete, va promosso solo chi supera la sufficienza in tutte le prove in cui l’esame è articolato.
Nel caso della maturità, andrebbe promosso solo chi supera la sufficienza sia nella prova scritta sia in quella orale.
Sarebbe tuttavia sbagliato non cogliere il senso di questa protesta, che non è stata una bravata né un colpo di sole di inizio estate. Non voglio trinciare giudizi affrettati sul Liceo Scientifico Fermi, che è stata anche la mia scuola.
Sono passati cinquant’anni anni da quando, con timore e tremore, ho iniziato il Liceo Fermi. Forse la memoria mi tradisce: ricordo difficoltà e incomprensioni, ma non competizione e stress da prestazione. Il legame fra molti dei compagni della prima A del 1974 resta forte, anche dopo mezzo secolo. Mi spiace che fra gli studenti che sono venuti dopo di noi prevalgano sentimenti di altro tipo.
In generale, una scuola solo selettiva, che non parta dalla necessità di formazione integrale, che non guardi anche alla formazione di un buon gruppo-classe, che non tenga conto delle fragilità e delle potenzialità di ogni singolo giovane, che metta gli studenti in serrata competizione fra loro, è una scuola incompleta, e forse una scuola profondamente sbagliata.
È una scuola che non prepara neanche bene al lavoro (e alla vita), dove non contano solo le competenze tecniche e le abilità individuali, ma anche – e a volte soprattutto – la capacita di lavorare in squadra, di accorgersi delle difficoltà degli altri, e di avere la forza di chiedere aiuto ai colleghi al momento del bisogno.
Dobbiamo fare scuola a ragazzi di 14-18 anni, non addestrare gli alpini o i lagunari. E chi addestra gli alpini e i lagunari sa bene che non deve puntare solo sulle performance, ma anche motivare ogni singolo allievo, aiutandolo a trovare in se stesso la forza per dare sempre il massimo, favorendo la creazione di solidi legami fra docente e ogni discente, e fra tutti gli allievi.
Vorrei una scuola superiore certamente esigente, ma dove ogni adolescente sia rispettato, aiutato, compreso, valorizzato, motivato.
La “selezione” dev’esserci, all’inizio del percorso, o meglio ancora durante le prime settimane di scuola, in una corretta interazione fra studente, docenti e genitori, per evitare che un giovane si attardi per troppo tempo su una strada che – per mille motivi – non è in grado o non ha la volontà di percorrere.
Tuttavia – per quanto possibile – il giovane non dovrebbe mai sentirsi un perdente. La “selezione” dovrebbe essere uno strumento utile al giovane per trovare la strada migliore per valorizzare i suoi talenti. Credo si possa fare, e che molti docenti, anche quelli del Liceo Fermi, se vogliono, siano in grado di farlo.
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