I vecchi leoni e i leader sotto scacco

Meloni, oltre a sperare che la Consulta stronchi una terza candidatura in Fvg di Massimiliano Fedriga, sta provando a sbarazzarsi di un tipino tosto e riverito da vent’anni in Veneto come Luca Zaia. Schlein se la deve vedere con il coriaceo Giani, ma pure con il terribile Enzo De Luca

Carlo BertiniCarlo Bertini
Nella foto Elly Schlein, sullo sfondo un’immagine della Meloni
Nella foto Elly Schlein, sullo sfondo un’immagine della Meloni

Ma guarda: gli anziani leoni tengono sotto scacco i giovani e stanno vincendo ai punti, giocando con perfidia. Finora sono riusciti a mandare in stallo le trattative e così le prossime elezioni regionali d’autunno navigano in un mare di incertezze: non si conoscono le date, i candidati e i programmi.

Tenete a mente questi tre nomi, per ora: Luca Zaia, Eugenio Giani, Enzo De Luca, duecento anni in tre. Tanto per fare un paragone tennistico, «Djokovic ha 15 anni in più di Cobolli e dovrebbe faticare a tenere il suo passo, ma sono anche 15 anni di esperienza in più» faceva notare un maestro per spiegare il motivo della vittoria di un trentottenne contro un ventenne in grandissima forma.

Ecco, con la dichiarazione di guerra ai “cacicchi”, i governatori che da decenni fanno il bello e il cattivo tempo, Elly Schlein ci ha vinto le primarie. Ed è diventata segretaria del Pd (perdendo tra gli iscritti e i potentati delle sezioni), «grazie ai voti dei passanti» nei gazebo, promettendo che avrebbe raso al suolo le correnti. Tralasciando il fatto che piuttosto che scomparire le correnti del Pd si sono moltiplicate, da ciò che stanno architettando i vecchi governatori di Toscana e Campania si vede che finora questa guerra Elly non l’ha vinta. Anzi.

Idem Giorgia Meloni. La quale, per acquisire più potere nel Nord Est, oltre a sperare che la Consulta stronchi una terza candidatura in Fvg di Massimiliano Fedriga (che ovviamente si è irritato), sta provando a sbarazzarsi di un tipino tosto e riverito da vent’anni in Veneto come Luca Zaia.

Il quale, giocando d’anticipo, ha fatto sapere ai capisquadra affamati di poltrone che, pur senza correre per il terzo mandato, una sua lista acchiapperebbe da sola il 45% dei suffragi.

Lasciando immaginare tutto ciò che questi voti porterebbero in dote alle maestranze del Carroccio, il Doge obbliga Salvini a battersi per la causa. E se gli alleati gli imporranno di rinunciare a una lista Zaia (che cannibalizzerebbe le altre) in cambio di una candidatura leghista in Veneto, Salvini se la caverebbe mettendo la parola Zaia nel simbolo regionale della Liga; ma Giorgia farebbe la figura di una leader che per puntiglio è disposta a perdere fette di consenso preziose: gesto autolesionista, che rischierebbe di essere interpretato come una futile ritorsione. Non un grande tornaconto sul piano dell’ immagine.

Non meno velenosa la doppia mossa del Giani, come lo chiamano i toscani, presidente uscente, al primo mandato ma non proprio un novellino, che per questo la leader Pd vorrebbe sostituire con un candidato giovane.

Appena acclamato come il governatore più amato del centrosinistra, il Giani si è autocandidato, chiedendo con imperio agli organismi regionali, ai sensi dello Statuto, di sciogliere il nodo. E ha completato il suo “uno-due” facendo uscire gli endorsement dei partiti, della Cgil e della Cisl, tutti duri contro i vertici Pd che tentennano pur avendo il nome giusto già pronto. Una cosa mai vista.

Schlein se la deve vedere dunque con il coriaceo Giani, ma pure con il terribile Enzo De Luca: non sopportando l’idea che il grillino Roberto Fico possa succedergli in Campania, vorrebbe scegliere lui per tutti un altro candidato. Risultato, coalizione sotto scacco nel timore che De Luca presenti una sua lista autonoma per farsi eleggere in Consiglio, che farebbe perdere il centrosinistra con un pieno di voti. Ed Enzo, “lo sceriffo”, se la ride. I “cacicchi” dunque tengono palla, a Roma annaspano e le regioni sono bloccate. Quando si dice l’esperienza...

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