L’Italia è una gerontocrazia che non dà fiducia ai giovani
Una riflessione dietro al caso della Maturità senza esame orale in Veneto il modello scolastico e formativo anglosassone è molto diverso, ecco come funziona

La protesta dei maturandi che per farsi sentire sono disposti a compromettere il loro voto e quindi anche l’accesso all’università sono il segno del malessere profondo della nostra scuola ma anche di un paese che rasenta lo sfacelo per la scissione che si è prodotta fra le generazioni. Perché la prima cosa che questi giovani esprimono è la mancanza di fiducia di tutto il sistema paese da cui non si sentono sostenuti né tantomeno accolti come la forza viva del suo futuro.
La risposta punitiva e autoritaria del Ministro Valditara alle proteste non risolve certamente il problema come neppure la lettura superficiale del fenomeno che attribuisce la colpa al dilagare nella scuola del cosiddetto “modello anglosassone” che esaspererebbe la competizione fino a svuotare l’insegnamento di ogni contenuto. Ma chi in Italia davvero conosce il modello anglosassone?
Per accedere alle università britanniche bisogna soddisfare criteri molto rigorosi fra cui medie elevate dei voti calcolate fino agli ultimi due anni delle scuole superiori nelle materie specifiche della facoltà scelta. Ma sono molto apprezzate attività extracurricolari in campi diversi dagli studi scelti, soprattutto artistiche. Segno che oltre al merito si cerca la versatilità e la creatività. Le rette sono molto costose, in media 12.000 euro l’anno, cui bisogna aggiungere le spese di vitto e alloggio per chi va fuori sede. Ma il governo britannico garantisce un prestito a tutti gli studenti universitari, indistintamente e a prescindere dal censo, con cui possono pagarsi i loro studi. Lo dovranno rimborsare poi, quando cominceranno a lavorare. Ma solo se eserciteranno la professione per la quale hanno studiato.
Insomma nel Regno Unito lo stato si fa garante degli studi universitari dei suoi giovani. E se un giovane non riesce poi a trovare lavoro nel campo dei suoi studi, lo stato riconosce in questo un suo fallimento e non esige il rimborso del prestito.
Cosa significa questo per un giovane? Innanzitutto fiducia. Lo studente britannico sente dietro di sé un sistema che lo sostiene, che crede in lui, un paese che gli affida il suo futuro ed è quindi spinto ad affrontare i suoi studi con grande serietà e senso di responsabilità. Lo farà ancor più volentieri perché le università inglesi hanno strutture moderne e accoglienti, dove è spesso garantito anche l’alloggio, gli impianti sportivi, con le biblioteche aperte 24 ore su 24 e dove ogni studente è seguito da un tutore che lo consiglia nelle scelte didattiche e professionali.
Questo è quello di cui avrebbero bisogno i giovani in Italia: una società che creda in loro, che li prepari a prendere le redini del paese. L’Italia è invece una gerontocrazia dove il giovane viene guardato con sospetto e spesso respinto ai margini. La media d’età dei parlamentari inglesi è 46 anni, contro i 60 dell’Italia.
Questo vuol dire che nel Regno Unito i giovani hanno rapidamente accesso al potere mentre da noi invecchiano nelle anticamere o emigrano. Il sistema britannico non è certo perfetto e anche lì i più ricchi hanno vita più facile. Ma l’ascesa sociale è aperta a tutti e l’unico vero criterio che orienta la scuola come la società è la meritocrazia. Certamente un sistema competitivo, dove però tutti partono con pari opportunità.
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