Macron, la Palestina e la leadership europea

Contando sull’onda emotiva delle immagini dell’orrore provenienti da Gaza, trasmesse e pubblicate dai principali media internazionali, il Presidente francese Emmanuel Macron ha preso l’iniziativa e annunciato che la Francia è pronta a riconoscere uno Stato palestinese

Valentine Lomellini
Il Presidente francese Emmanuel Macron
Il Presidente francese Emmanuel Macron

Uno Stato palestinese, da riconoscere e subito. Contando sull’onda emotiva delle immagini dell’orrore provenienti da Gaza, trasmesse e pubblicate dai principali media internazionali, il Presidente francese Emmanuel Macron ha preso l’iniziativa e annunciato che la Francia è pronta a riconoscere uno Stato palestinese.

Parigi non sarebbe la sola e, soprattutto, certamente non sarebbe la prima. La Palestina è riconosciuta da oltre 140 dei 193 Stati membri delle Nazioni Uniti e da 11 in Europa. Se non è una novità, quali sono dunque gli obiettivi di Macron e perché questo eclatante annuncio dovrebbe cambiare le cose?

A muovere l’Eliseo sono ragioni di varia natura. Innanzitutto, la mossa potrebbe far chiarezza rispetto a quali possano essere i prossimi reali interlocutori palestinesi. Ricordiamoci che, in seguito all’attentato del 7 ottobre 2023 compiuto da Hamas e alla successiva eliminazione della quasi totalità della sua classe dirigente, il vuoto di potere a Gaza è roboante.

La mossa di Macron potrebbe spingere ad una definitiva emarginazione politica di Hamas e all’individuazione di un attore politico che possa ricoprire un ruolo di rilievo nel dopoguerra.

Non è un caso che Macron abbia coinvolto nella negoziazione gli Stati arabi che, storicamente, sono da sempre i principali interlocutori dell’Occidente nella gestione della questione palestinese, come e più del popolo della Striscia e dei suoi rappresentanti.

A ciò dobbiamo aggiungere il gioco diplomatico che sottende l’operazione. Il suo annuncio pubblico consente a questi Stati arabi, e in particolare all’Arabia Saudita, di restare in secondo piano, evitando di rischiare il raffreddamento delle relazioni con gli Stati Uniti.

Mentre il presidente francese si espone, il leader saudita conserva le proprie preziose relazioni con gli Usa riuscendo a lavorare dietro alle quinte ad una soluzione negoziata sui due Stati.

E infine, la Francia. Il suo ruolo nell’area mediorientale non è certo nuovo, così come non lo è il sostegno alla causa palestinese.

Un sostegno che si radica profondamente negli anni e che è costato alla Francia, negli anni ’70-’80, una serie di attentati stragisti attuati da frange frazionistiche dell’Olp, che si opponevano alla strategia diplomatica messa in campo dall’allora leader Arafat. In quegli anni, però, l’Italia era accanto o davanti alla Francia nello spingere per una soluzione per i due Stati.

Cosa è cambiato? Con lo scivolamento dell’Italia su posizioni più vicine alle istanze israeliane, la Francia ritrova un nuovo protagonismo. Lo slancio di Macron va letto anche in questa direzione: per quanto non possa pensare di giocare da grande potenza, Parigi non nasconde la propria aspirazione ad una leadership europea.

E il commento di Trump («Macron è un bravo ragazzo, ma quel che dice non conta nulla»), rivela che il presidente Usa non ha ben capito il primo intento delle dichiarazioni del “bravo ragazzo”: utilizzare la partita diplomatica nello scenario mediorientale per ritrovare e consolidare la leadership francese nello spazio europeo. 

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