Il caso Epstein: l’impunità di cui godono i più ricchi
Dopo lo scandalo, la pretesa classe superiore ora perde ogni legittimità, anzi ogni rispettabilità

La pedofilia, tanto più se assume la forma di un traffico sessuale di minorenni, è - o dovrebbe essere - il più odioso dei crimini. In questo era specializzato Jeffrey Epstein, morto in carcere nel 2019, con la sua complice Maxwell. Nel loro giro di “amici”, diciamo pure clienti, sono stati coinvolti, e consapevolmente, molti nobili, miliardari, politici, e tanti di questi approfittavano di quei “servizi”.
Lo scandalo Epstein va ben oltre i nomi dei singoli democratici o repubblicani (Trump, Clinton...) su cui si concentrano le accuse incrociate di queste settimane. Il rischio, a furia di guardare uno o l’altro albero, è di perdere di vista la foresta.
È una parte consistente e per molti aspetti rappresentativa di un’intera classe dirigente quella che ha manifestato vicinanza se non complicità a persone sulle quali pure da tempo (da quasi trent’anni) circolavano informazioni gravi. Per non parlare dei tanti che hanno trattato come normale il sesso con persone minorenni, chiaramente “offerte” loro in una forma di vera e propria prostituzione. In questo giro di ostentazione della ricchezza e del lusso gli “amici” di Epstein esibivano la loro impunità e la loro superiorità alle leggi che valgono per la “comune” umanità.
Viviamo in società dove la distanza tra le fasce più alte (per reddito, per potere, per visibilità) e quelle a loro “inferiori” è diventata abissale: basta ricordare che l’1% più ricco della popolazione detiene proprietà circa pari a quelle dell’intero 90% più basso. Questo si manifesta non solo nei lussi spesso ostentati, ma anche nei privilegi esclusivi, a cominciare dall’accesso riservato a club, servizi, scuole.
La società statunitense, poi, che per secoli ha avuto tra le principali caratteristiche quella di non avere alle spalle una nobiltà ereditaria, sembra sulla via di costituire rapidamente ora una sua “aristocrazia”. A differenza di quelle europee di età medievale, non vanta meriti militari, può vantarne altri imprenditoriali o anche tecnologici come i cosiddetti miliardari hi-tech. Ma nelle aristocrazie i meriti sbiadiscono presto, mentre diventano sempre più evidenti i privilegi, e il genio vero o presunto che «ha avuto un’idea vincente» diventa ben presto un miliardario e basta.
Lo scandalo Epstein che vede tra i clienti-complici un principe di un’antica casa reale, politici di vari partiti, ricchissimi di più o meno recenti fortune, indica che una parte significativa di questo ceto considera tra i propri privilegi, appunto, il suo preteso diritto a trasgredire (per noia o per prepotenza) le regole più basiche della morale, il piacere di trattare persone del tutto indifese come loro proprietà o come merce a propria disposizione.
Il formarsi di un’aristocrazia e la sua tendenza a marcare in modo esasperato la propria “superiorità” è sempre una minaccia per la democrazia che non è fatta solo di regole, tanto meno si può limitare alle elezioni, ma ha per base prima di tutto la pari dignità per tutti i suoi cittadini. I comportamenti di tanti di questi “aristocratici” nella vicenda Epstein indicano che la pretesa classe superiore ha già cominciato a perdere ogni legittimità. Anzi, ogni rispettabilità.
Riproduzione riservata © il Nord Est



