Quell’ossessione moderna di allungare la durata della vita

Oggi, proprio mentre la sopravvivenza stessa dell’umanità è a rischio forse più che mai, i grandi della Terra e molte persone comuni si concentrano sempre di più sulla durata della singola esistenza

Peppino OrtolevaPeppino Ortoleva
Vladimir Putin, Xi Jinping e Kim Jong Un
Vladimir Putin, Xi Jinping e Kim Jong Un

Vivere fino a 120 anni, anzi fino a 150, magari perché no sperare nell’immoralità. Per molti millenni uomini e donne sono stati abituati ad aspettarsi che la vita degli individui fosse limitata: qualche decennio al massimo per quasi tutti, fino ai 90-100 solo in casi eccezionali. A continuare indefinitamente, si pensava, non deve essere la vita del singolo ma quella della specie. Oggi, proprio mentre la sopravvivenza stessa dell’umanità è a rischio forse più che mai, i grandi della terra e molte persone comuni si concentrano sempre di più sulla durata della singola esistenza, fino a considerare perfino normale una speranza di vita che per ora è semplicemente impossibile.

Il 2 settembre, durante la minacciosa e bellicosa parata di Pechino, la tv cinese ha catturato un fuori onda eccezionale per le persone che parlavano e per i temi, apparentemente stravaganti. «Entro la fine del secolo, si potrà vivere fino a 150 anni» diceva Xi Jinping. «Grazie a successivi trapianti di organi un essere umano può diventare sempre più giovane, forse perfino immortale» commentava Vladimir Putin. Argomenti simili si sentono sempre più spesso in conversazioni di persone assai meno altolocate, di “comuni mortali” si sarebbe detto una volta, e nel dibattito pubblico: best seller con titoli come “Vivere fino a 120 anni” e diete che promettono di prolungare la nostra vita molto oltre il secolo ottengono considerevole successo e spazio nei media. Eppure, per quanto il numero degli ultracentenari aumenti a vista d’occhio in un Paese longevo come il nostro, non risulta esista nel mondo neppure una persona che abbia raggiunto i 120 anni.

Nel caso di tiranni come Xi e Putin (ma anche Donald Trump con i suoi 79 anni spera probabilmente in qualcosa di simile) l’ossessione per la lunga vita è parte della loro volontà di potenza: non basta dominare milioni di persone, accumulare ricchezze immense fino all’oscenità: vogliono mantenere il potere all’infinito e pretendono un privilegio esclusivo come il poter consumare a piacimento organi che a tanti altri potrebbero salvare la vita.

Perché però la concentrazione di attenzione e risorse sulla speranza di una longevità smisurata interessa non solo i tiranni ma anche tante persone che non hanno quel potere né quelle risorse? Un motivo è che in assenza di valori condivisi la vita in quanto tale si presenta come un valore in sé, da prolungare quindi il più possibile con l’aiuto dei passi avanti della medicina.

Ma è uno strano valore, se la società che punta a rimandare la morte è sempre meno propensa a darla, la vita, a generare nuovi esseri umani che continuino la specie, come dimostra il calo delle nascite ormai in tutto il mondo tranne l’Africa.

Forse a pesare è soprattutto il non voler fare i conti con la morte. Non è solo l’umanissima paura che la fine della vita ha ispirato sempre, per timore dell’ignoto anche più che della sofferenza. Per millenni ha fatto da contrappeso a quella paura, oltre alla fede religiosa in una nuova vita dopo la morte, la convinzione che la persona venuta a mancare poteva avere dei successori, a proseguire la sua esistenza e a onorarne la memoria.

Nella nostra epoca però il ricordo dei defunti e i riti funebri sono meno sentiti e meno praticati che mai nel passato conosciuto, e la morte può fare ancora più paura perché è vista come la fine di tutto. Così, in tanti desiderano vivere fino a 150 anni, senza troppo preoccuparsi di coloro che dovranno poi assumersi il peso di una simile lunghissima vecchiaia. —

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