Il Veneto e l’occasione persa con la Legge sulla montagna

Il provvedimento rischia di essere l’ennesima occasione persa per tutelare realmente famiglie e aziende: ecco cosa servirebbe davvero per incidere in modo significativo sullo spopolamento

Matteo Favero
La desmontegada a Quero in uno scatto di Desj Casanova
La desmontegada a Quero in uno scatto di Desj Casanova

La legge sulle aree montane del Governo, nel silenzio della Lega di Zaia, rischia di essere l’ennesima occasione persa per tutelare realmente le famiglie e le aziende che vivono e operano in queste aree così caratterizzanti del territorio del Veneto. Il sostegno alle comunità montane non è solo un atto di solidarietà verso chi compie scelte di vita e imprenditoriali che comportano complicazioni, ma un atto di responsabilità collettiva, che riconosce il valore e l’importanza di progetti che tengono vive e vivaci queste aree strategiche del territorio.

È corretta la premessa: le aree montane non possono essere trattate come il resto dei territori, assimilandole in certi casi alle aree agricole, come fanno molte delle regioni che non dispongono di una vera e propria legge regionale per lo sviluppo della montagna, dotata di appositi e opportuni fondi regionali. Ma i 200 milioni annui messi a disposizione non bastano per un vero sviluppo.

Ho trovato interessanti, ad esempio, le proposte di Uncem – Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani – che parte proprio da questa osservazione: una legge ambiziosa avrebbe bisogno di maggiori risorse, anche spingendo le regioni stesse a destinare voci di spesa specifiche e fondi almeno pari a quelli destinati dallo Stato attraverso il “Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane”. Con 400 milioni all’anno (200 dallo Stato e 200 dalle Regioni), a cui si aggiungerebbero altri 100 milioni stanziati dallo Stato per gli interventi di competenza statale, potremmo fare molto per lo sviluppo delle comunità montane, che ricoprono un ruolo sottovalutato nella nostra economia.

Le montagne non sono solo l’immagine da cartolina che alimenta l’economia del turismo, e che rende il Veneto la regione con più presenze turistiche in Italia secondo i dati Istat. Sono territori dove vivono famiglie che hanno bisogno di servizi pubblici all’altezza, allo stesso livello di quelli presenti nel resto del territorio. Parliamo di scuole, sanità, trasporti, ma anche della presenza di una rete internet più affidabile, che renda possibile uno sviluppo del digitale.

Chi sceglie di vivere in montagna sa di fare una scelta che comporta delle difficoltà, ma non possiamo trattare questa scelta come un sacrificio. È invece una decisione da sostenere, incentivare, facilitare. Quelli montani sono territori dove operano aziende che è nostro interesse strategico sostenere, perché rendono vivi e abitati territori cruciali, anche a livello ambientale.

Sappiamo quanto la mancanza di cura del territorio montano possa portare a conseguenze disastrose, con l’aumento del rischio idrogeologico, che conosciamo purtroppo bene qui in Veneto.

E poi c’è il grande enigma del post Olimpiadi? Cosa resterà a favore dei cittadini? Ferrovie, servizi alle comunità, offerta sanitaria: nulla all'orizzonte per il Bellunese.

Ma occorre anche sostenere strumenti per la vivacità dei paesi e dei territori, che facilitino la nascita di “Comunità energetiche”, “Cooperative di comunità”, Green e Smart Communities, progettazione partecipata, programmazione di sviluppo.

E dobbiamo riconoscere il contributo economico che questi comuni danno alla comunità, facendo in modo che resti dove è stato creato, come dovrebbe accadere per i canoni e i sovracanoni delle concessioni idroelettriche restino sui territori, finanziando progetti di sviluppo sostenibile, la salvaguardia idrogeologica, e le opere di presidio del territorio.

Inoltre, Belluno ha bisogno di una specifica specialità per una comunità che confina con territori a statuto speciale. L'autonomia già prevista per Belluno va attuata subito.

*Responsabile politiche ambientali e infrastrutture del PD Veneto

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