Il significato di uno sdegno trasversale

La misura è colma per un popolo che non sopporta di assistere impotente da due anni a massacri di un altro popolo di fronte alle proprie coste

Carlo Bertini

Con la premessa che lo sciopero generale dovrebbe restare l’arma finale delle battaglie per i diritti dei lavoratori più che il mezzo per far scendere la gente in strada contro gli arresti dei volontari della Flotilla perpetrati da Israele, che significato ha l’invasione pacifica delle piazze registrata ieri in tutta Italia?

Se la partecipazione è cresciuta con numeri che nessun partito o sindacato riuscirebbe a mobilitare, se migliaia di persone hanno sfilato in corteo per la prima volta nella loro vita, qualcosa vorrà dire.

Evidentemente non è solo per la voglia di denunciare la “complicità” del governo italiano con Israele, ma c’è un di più che travalica i confini della politica: la misura è colma per un popolo che non sopporta di assistere impotente da due anni a massacri di un altro popolo di fronte alle proprie coste.

Sarà quindi un processo lungo veder risorgere l’ondata di solidarietà che aveva avvolto Israele dopo la Shoah e all’indomani del 7 ottobre, non aiuta l’assenza di slogan contro Hamas in questi cortei: una duplice condanna riequilibrerebbe i pesi.

In ogni modo, cento manifestazioni in decine di città, un milione di persone, centomila solo a Roma - dove un autobus viaggiava con la scritta Gaza al posto del numero della linea - cosa segnalano? Slogan e cori contro Meloni e Salvini confermano che una parte è mossa da un sentimento antigovernativo e oggi a Roma si vedrà se assumerà contorni violenti: ma l’empatia verso i gazawi perseguitati, questo dolore condiviso, l’enorme indignazione per la fame usata come arma di guerra, è il sentimento prevalente.

Ed è un fenomeno sfuggito di mano al Pd, alla Chiesa, che ha tentato la tregua sugli aiuti a Gaza, ma anche alla destra governativa.

Perché lo sdegno attraversa tutti gli schieramenti politici. Pur sapendo che nessun elettore di Meloni si sarà unito ai cortei, non va dimenticato che la destra storicamente ha simpatizzato con la causa palestinese e forse tollera il silenzio della premier sulle atrocità del governo Netanyahu in virtù del ruolo ricoperto.

Ragion di Stato, si direbbe, se non fosse che la vis polemica di Meloni verso i manifestanti pro-Flotilla non si spiega in un contesto che richiederebbe cautela, visto che è proprio il governo a segnalare un clima di odio politico.

Tanto che a vestire i panni di pompiere è il ministro dell’Interno Piantedosi: ferrovie, porti, strade, aule universitarie occupate senza scontri o reazioni di rigetto da parte dei normali cittadini, cortei usciti dai percorsi prefissati con il placet della polizia, sono anche dovuti alla mano morbida dettata dall’alto alle forze dell’ordine.

Invece la premier che irride gli scioperanti per essersi fatti un weekend lungo con la scusa di Gaza sembra fare il paio con gli insulti dei ministri israeliani più oltranzisti contro i «terroristi della Flotilla»: così facendo si è voluta appuntare da sola sulla schiena il bersaglio per calamitare strali e contumelie dai nemici, magari per non farsi scavalcare a destra da Salvini che minaccia e fa la faccia dura.

Ma ai cattolici moderati e ai pacifisti senza colore scesi in strada, ai giovani che hanno rinunciato a una giornata di paga per esserci, non avrà fatto piacere sentirsi apostrofati in malo modo. Un fuor d’opera che contrasta con la presunta sapienza tattica di Giorgia.

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