Il 4 novembre e l'idea distorta di Patria e Nazione
In Europa è sempre più forte il ricorso alla coppia di concetti, quello di “nazione” e quello di “patria”, per costruire (o, meglio, per ri-costruire) un’ideologia nazionalistica, in cui domina il tema dell’“identità nazionale” insieme a quello degli “interessi nazionali”

4 novembre: Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate che difendono la Nazione come Stato sovrano.
La premier Giorgia Meloni usa sempre il termine “Nazione” per riferirsi al nostro Paese come Stato, associando idealmente quel termine a quello di “Patria”. È in buona compagnia in Europa. Dove è sempre più forte il ricorso alla coppia di concetti, quello di “nazione” e quello di “patria”, per costruire (o, meglio, per ri-costruire) un’ideologia nazionalistica, in cui domina il tema dell’“identità nazionale” insieme a quello degli “interessi nazionali”.
Ma davvero patria e nazione intesa come Stato-nazione, simul stabunt simul cadent, cioè non possono stare l’una senza l’altra? Che cosa si vuol dire quando si usa la parola nazione? Se la si intende come uno Stato-nazione, cioè come una entità politica, nasce solo all’inizio dell’Ottocento.
C’è voluto, e non sembri paradossale, Napoleone che voleva diventare imperatore dell’Europa intera per far esplodere, come reazione, in Germania innanzi tutto, il concetto di “nazione” come “Stato-nazione”, che si costituisce come aggregazione politica di un popolo-nazione per non diventare provincia di un impero-nazione straniero, quello napoleonico francese.
Basta leggere i “Discorsi alla nazione tedesca” del filosofo J.G. Fichte del 1807-1808 per rendersene conto. Anche i “patrioti” italiani dell’Ottocento combattevano per la liberazione dalla dominazione straniera, per “amor di Patria”, per un’Italia finalmente unita come Stato-nazione, in nome della sua identità culturale e spirituale che vive al di là delle divisioni politico-statuali dei principati, e delle dominazioni straniere.
Solo in quel contesto storico l’accostamento di “patria” e “nazione”. per dar vita a un’Italia come “Stato nazionale” libero e unito, aveva senso pieno e nobile.
Ma questo “nazionalismo patriottico” si trasforma, nell’Europa del primo Novecento e non solo in Italia, in un’ideologia che sfrutta un “amor patrio” fatto diventare orgoglio suprematista in termini nazionalistici: e ha portato alle due guerre mondiali.
Per questo nell’Europa di oggi la “patria” deve essere un’ideale che si fonda su una dimensione morale e culturale e non sull’ideologia dello Stato-nazione: una “Patria-nazione” come realtà che evolve così da essere pienamente compatibile con una condivisione di “sovranità” a livello statuale in un più ampio contesto quale è l’Europa unita.
L’ideale, alto e nobile, di una Patria-nazione, fatta di rispetto di tradizioni spirituali che ne connotano l’identità più profonda, deve saperla vedere come parte di un insieme in cui convivono altre “patrie-nazioni”, e potersi quindi riconoscere in un’identità fondata storicamente e culturalmente sulle comuni radici europee. La storia dell’Europa ci consegna questa identità molto più unita e solida come comunità di valori e princìpi, non come quella di un’aggregazione di Stati nazionali ciascuno dei quali vuol affermare solamente la propria identità e i propri interessi come Stato-nazione.
L’Ue da costruirsi come “unità di diversità”, attraverso un federalismo pragmatico, come suggerisce Mario Draghi, è il compito della politica dei nostri anni. Identificare Patria-nazione con Stato nazionale in antitesi agli altri Stati-nazione, è un errore che porta alla distruzione di un’Europa come progetto di pace, dopo le guerre mondiali provocate dagli Stati-nazione europei dell’Otto e Novecento.
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