I rischi dei software stranieri che fanno girare le imprese europee

La riconfigurazione delle catene del valore è anche un’opportunità Il friendshoring sta creando nuovi spazi di mercato

Gianluca Toschi e Nicola Zago

 

La stagione della cosiddetta “iperglobalizzazione” – i vent’anni post Guerra Fredda caratterizzati dalla caduta di barriere commerciali, dall’abbattimento dei costi di trasporto e dall'affermazione incontrastata delle catene globali del valore – è definitivamente tramontata. Lo spartiacque si colloca tra il 2007 e il 2008, con la grande crisi finanziaria.

Da allora, abbiamo assistito a quella che qualcuno ha definito “slowbalisation”, un rallentamento degli scambi e degli investimenti transfrontalieri, acuito dalla pandemia. Oggi, il dibattito non è più se la globalizzazione sia finita, ma come sarà la sua nuova forma. Se è vero che l’interdipendenza economica non si azzererà, è altrettanto certo che non tornerà alle forme che abbiamo visto in passato. Nuovi termini come “reshoring”, “friendshoring” e sovranità tecnologica non sono più gergo per addetti ai lavori, ma fanno da sfondo alle scelte strategiche di ogni impresa, specialmente in un territorio a vocazione internazionale come il Nord Est.

Si assiste, in sostanza, a un cambio di paradigma: la logica dell’efficienza a ogni costo lascia il posto a quella della sicurezza degli approvvigionamenti. Ma cosa significano questi concetti, in termini pratici, per il tessuto produttivo italiano? È qui che l’analisi deve farsi concreta. La vera sfida per le piccole e medie imprese (Pmi) è tradurre questi grandi scenari geopolitici in un piano d'azione aziendale. Qual è il costo della resilienza e, soprattutto, quanto influisce la dipendenza tecnologica?

Detta in altre parole, che impatto produce a livello aziendale la strategia di ridurre la dipendenza da catene di fornitura tecnologiche controllate da potenze non allineate, in linea con le strategie di friendshoring? Consideriamo un’impresa tipica del nostro tessuto economico, una Pmi manifatturiera con 35 dipendenti, inserita nelle catene globali del valore. La sua operatività quotidiana dimostra un’alta vulnerabilità, non solo per le materie prime, ma per il suo stesso cervello digitale. È molto probabile che il software gestionale e i sistemi di controllo macchine provengono dalla Germania, il Cad dalla Francia e che le soluzioni per la gestione clienti e il Cloud siano statunitensi.

I sistemi di pagamento saranno gestiti da circuiti statunitensi e se guardiamo alla componentistica è probabile che l’approvvigionamento dipenda dall’Asia per una quota importante. Proviamo ad immaginare cosa potrebbe succedere in uno scenario caratterizzato da forte frammentazione politica, dove le tensioni arrivino a genere uno scollegamento (il decoupling) operativo tra grandi blocchi. Gli impatti per la Pmi sarebbero immediati. Non solo per le tariffe sulle merci: i sistemi operativi potrebbero imporre limitazioni legate alla regolamentazione sulla sovranità del dato (limitando l’uso di software extra Ue), mentre i blocchi sulla componentistica asiatica potrebbero paralizzare la produzione. La risposta a questo rischio non è la paura, ma la preparazione, che passa attraverso il perseguimento di una maggiore sovranità tecnologica. Questa non significa isolamento, ma controllo strategico su piattaforme e forniture essenziali, cercando partner allineati – il vero senso del friendshoring applicato all’It e alla logistica.

In termini pratici, per le nostre imprese, significa redigere un piano di mitigazione che dovrebbe riguarda la parte It e Cloud, per valutare la migrazione di servizi critici verso alternative pienamente europee in modo da garantire la piena conformità e il controllo dei dati. Il piano dovrebbe riguardare anche le forniture: sarà necessario mappare e qualificare rapidamente alternative di fornitura strategiche per la componentistica in Europa e tra Paesi amici, un’attività da ripetere anche nell’ambito dei pagamenti, per prepararsi all’eventuale diffusione di sistemi di pagamento europei per ridurre la dipendenza dai circuiti Usa.

La riconfigurazione delle catene del valore non è solo sfida, ma anche opportunità. Il friendshoring sta creando spazi di mercato prima presidiati da giganti extra-europei. Nel software alcune imprese italiane si stanno posizionando come alternative ai colossi americani. I gruppi europei della difesa sviluppano soluzioni cyber, mentre altri attori anche italiani guadagnano terreno nel Cloud offrendo sovranità del dato. Nella componentistica, il Chips Act europeo incentiva la rilocalizzazione, una scelta che potrebbero favorire imprese che si candidano a servire la domanda europea di semiconduttori. Nei pagamenti, il Digital Euro potrebbe favorire operatori italiani che sono già leader nell’infrastruttura nazionale, per un’estensione europea. La chiave del successo sarà presentarsi come partner strategici per la resilienza europea, non semplici fornitori alternativi. Questo richiede investimenti in R&S, certificazioni di sicurezza e capacità di garantire continuità operativa alle Pmi che diversificano le dipendenze tecnologiche.

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