Dal voto in Calabria, due messaggi per il Veneto

Nel comunicato che annuncerà l’habemus papam per il Veneto, la Lega non vorrebbe che emergesse la cessione futura della Lombardia a Fratelli d’Italia, come da accordi

Carlo BertiniCarlo Bertini
Roberto Occhiuto con Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia
Roberto Occhiuto con Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia

Se per il 75% dei cittadini calabresi, come mostra un instant poll di You Trend, nulla cambierà nelle loro vite dopo queste elezioni regionali, forse un impatto politico nazionale, o più d’uno, lo avranno.

Primo: celebrate le due tornate regionali nelle Marche (con la vittoria del candidato di FdI) e in Calabria (con Forza Italia che ha visto confermato il suo governatore) è logico che alla Lega venga data soddisfazione, concedendo a Matteo Salvini l’agognata candidatura in Veneto. Se non fosse che due nodi vanno sciolti: primo, quello della legge elettorale proporzionale, che elimina le sfide nei collegi, facendo perdere una ventina di seggi al Carroccio.

Salvini resiste, poiché sarebbe per giunta costretto a togliere il suo nome dalle schede elettorali per inserire nel simbolo della Lega la indigesta dicitura «per Meloni premier», in virtù dell’obbligo di indicare il candidato alla presidenza del Consiglio di ciascuna coalizione. Ma la premier pare proprio stia legando il suo fatidico «sì» sul Veneto al via libera al nuovo sistema di voto.

Una vignetta satirica di Andrea Gastaldon, sax_star su Instagram
Una vignetta satirica di Andrea Gastaldon, sax_star su Instagram

Secondo: nel comunicato che annuncerà l’habemus papam per il Veneto, la Lega non vorrebbe che emerga la cessione futura della Lombardia a Fratelli d’Italia come da accordi, quindi va trovata la formula meno indigesta per i lumbard, già poco concilianti con la politica poco nordista e sovranista del segretario federale.

Detto, questo, per Giorgia Meloni e i suoi alleati è la seconda giornata di giubilo dopo le Marche, foriera di intese su altri fronti.

Questo risultato presenta un risvolto anche per il cosiddetto “campo largo”, che si dimostra ancora una volta privo di qualsiasi appeal. Anche per un elettorato del Sud, senz’altro più incline ad abboccare alle sirene di un nuovo Reddito di cittadinanza. I 5stelle si mostrano non all’altezza di giocare un ruolo di ariete, di centroavanti di spinta per bucare la squadra avversaria. Anzi.

Giuseppe Conte voleva dimostrare che con i candidati del Partito democratico si perde e con i suoi si vince, come già avvenuto in Sardegna. E invece incassa una batosta scoraggiante nei numeri: Pasquale Tridico, malgrado avesse nel carniere un’esca appetibile come un altro reddito di cittadinanza su scala regionale, non è riuscito a scalzare un governatore uscente – quindi, sulla carta, più debole – per giunta colpito da un avviso di garanzia: il che dimostra che la zavorra giudiziaria non paga più nelle contese elettorali, casomai penalizza soltanto i candidati di centrosinistra.

Ma il dato che viene analizzato al microscopio nella stanza di Elly Schlein è soprattutto relativo ai voti dei singoli partiti, da cui si vede che M5s ha rasentato il sorpasso sul Pd, visto che la somma di consensi della lista Tridico presidente e della lista M5s è pressoché uguale al risultato dem, giunto appena intorno al 14 per cento. Quindi si capisce che, con un candidato riconoscibile, i 5 stelle possono davvero insidiare il bacino di consenso dei dem e ciò rende più traballante la pole position di Elly Schlein nella sfida ad aggiudicarsi la premiership della futura coalizione.

Ma il vero nodo è che ancora una volta un’alleanza di centrosinistra «non buca il video». Anche in virtù del fatto che, malgrado nel test calabrese le liste centriste moderate (Matteo Renzi, Carlo Calenda e +Europa), sommino circa il 9 per cento dei voti, non riescono ancora a trovare il collante per aggregarsi, fare massa e riequilibrare l’asse politico della coalizione. 

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