Se la manovra è solo una carezza agli evasori

L’innalzamento del tetto per i pagamenti in contanti, la rottamazione delle cartelle, il condono anche storico, la regolarizzazione semplificata per Imu, Tari e canone per il suolo pubblico sono uno schiaffo a tutti i cittadini che le imposte le versano tutti i giorni

Marco ZatterinMarco Zatterin
In discussione la Manovra
In discussione la Manovra

La tradizione letteraria vuole che due indizi siano una coincidenza, tre costituiscano una prova e quattro risultino sufficienti per una condanna. L’ultimo caso si applica al governo italiano e alla Manovra in discussione in queste ore. Perché c’è un poker di misure davanti alle quali non bisogna essere ossessionati dal nobile gioco di unire i punti per vedere dove si arriva.

L’innalzamento del tetto per i pagamenti in contanti, la rottamazione delle cartelle, il condono anche storico, la regolarizzazione semplificata per Imu, Tari e canone per il suolo pubblico sono nella migliore delle ipotesi una carezza agli evasori che si trasforma in uno schiaffo a tutti i cittadini col senso dello Stato che le imposte le versano tutti i giorni. Chi li propone si immagina di gestire il consenso, fingendo di non rendersi conto che danneggia le fondamenta della Repubblica e si fa beffa degli onesti.

Il condono è una vecchia malattia nazionale che qualcuno si diverte a giustificare con la natura cristiana che fa del peccato qualcosa che si può cancellare con «due pater e un atto di dolore». Non ha un colore politico preciso sebbene sia una scelta prevalente del centrodestra. Dal 1861 al 2019 gli interventi di sanatoria sono stati 82, quasi due l’anno; il primo ad assumere a tutto tondo il contorno di perdono a pagamento parziale risale al 1973, quando l’esecutivo quadripartito di Mariano Rumor (Dc) produsse la sua “pace fiscale” dopo la riforma tributaria che, fra l’altro, aveva introdotto l’Iva. Col tempo è diventato un vizio. L’Osservatorio conti pubblici italiani (Ocpi) ha calcolato che nel XXI secolo i principali interventi di condono sono stati nove, firmati dai premier Berlusconi (tre), Renzi (la creativa voluntary disclosure), Gentiloni, Conte, Draghi e Meloni (ricordate il “ravvedimento operoso speciale”?).

Salvare chi non ottempera al dovere di contribuente è una prassi giustificata con l’esigenza di attirare in cassa fondi che altrimenti sarebbero perduti o di difficile/costoso recupero. A proposito della bozza della legge di Bilancio 2026, la Banca d’Italia ha scritto che «apre a una nuova rottamazione, uno strumento che in passato non ha accresciuto l’efficacia nel recupero di gettito».

Quest’ultimo dovrebbe essere un obiettivo esiziale per un Paese che ha 137 euro di debito ogni cento di ricchezza prodotta. Secondo l’indipendente Ufficio parlamentare di Bilancio, l’evasione riferibile al totale delle entrate tributarie e contributive era nel 2022 «compresa tra 98,1 e 102,5 miliardi, in crescita di 3,5 miliardi rispetto al 2021».

Le statistiche governative suggeriscono che l’evasione è in calo, per quanto fluttui su livelli mastodontici. L’Ocpi nota che la propensione a non pagare le tasse vale il 17 per cento del reddito. La panoplia di condoni consolida nel cittadino il convincimento che la violazione abbia sempre ottime probabilità di essere impunita. Un’equa e sana gestione della Cosa pubblica richiederebbe la certezza del diritto, come avviene nel Regno Unito dove un pub beccato a “fare nero” subisce un’immediata chiusura temporanea. Da noi è tutto più “flou”, chi non fa il suo dovere sente che, presto o tardi, sarà salvato da condoni e rottamazioni. E se gli vengono dei dubbi, l’innalzamento immaginato a 10 mila euro della possibilità di usare il cash nell’era del digitale è un invito in più a restare nell’ombra. Alla faccia degli onesti, gente che (ancora) tiene su il Paese anche quando i governi cercano di disincentivarli.

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