Genova, il colpo di Salis: l’unità del sinistracentro torna a fare paura al destracentro
L’ex campionessa Silvia Salis vince al primo turno con una coalizione ampia e civica. Il voto amministrativo rilancia il campo progressista, ma la vera sfida resta governare insieme


Squadra che si allarga, vince. L'affermazione a Genova di Silvia Salis rappresenta una notevole iniezione di ottimismo per il sinistracentro. E nel dedicare la vittoria a suo padre, che fu militante del Pci, l'ex campionessa di lancio del martello e dirigente sportiva ha ricordato di avere puntato e insistito sullo «schema di gioco» dell'unità del «campo progressista» (formula che preferisce a quella, effettivamente smentita a più riprese dalla realtà, del «campo largo»). E larghissimo era il campo a Ravenna, dove il sinistracentro giocava, comunque, decisamente in casa, con l'elettorato che non ha mostrato alcun segno di insoddisfazione – anzi... – per la chiusura anticipata della sindacatura da parte di Michele De Pascale, chiamato alla presidenza della giunta regionale dell'Emilia-Romagna.
E, invece, negli altri due capoluoghi al voto – Taranto e Matera – il campo progressista diviso si trova a dover andare al ballottaggio. L'unità non è garanzia di vittoria, specialmente se essa è presente anche dall'altra parte, ma sicuramente la conquista della "Superba" al primo turno rappresenta un segnale importante in tal senso, al pari di vari altri precedenti. Sembra l'uovo di Colombo (anche se in politica due più due non fa mai quattro): quando si ritrova unito il campo progressista incrementa notevolmente la sua competitività e diventa una minaccia (elettorale) molto seria per il destracentro.
La boccata d'ossigeno per Elly Schlein e compagni va inquadrata, altresì, nel perimetro di gioco delle elezioni amministrative, dove in molti casi il centrosinistra è «quello da battere», in primis perché la battaglia si rivela meno ideologica e più collegata a policies pragmatiche e operative e a fattori locali, e in secondo luogo perché la figura del candidato conta in maniera significativa, e - sotto certi versi - perfino al di là della sua appartenenza politica. A maggior ragione se, come nel caso di Salis, si tratta di una candidatura civica e di un'esponente della società civile senza esperienze dirette nei partiti, ma sostenuta da gruppi dirigenti politici che si sono rinnovati – ed è precisamente quanto avvenuto al Partito democratico genovese che, dopo le sconfitte di questi anni, ha vissuto un ricambio e un ringiovanimento considerevoli.
Se si dovesse trarre una lezione generale dal voto di domenica scorsa – nella consapevolezza che ciascuna elezione amministrativa, come ogni luogo, fa un po' storia a sé – è che per stare in campo avendo delle chances di vincere prossimamente e di lanciare la sfida all'attuale maggioranza anche nelle elezioni politiche, il sinistracentro deve realizzare l'unità più larga possibile, e tenere dentro tutti. E, a livello amministrativo, deve lavorare per presentare profili nuovi e civici, che segnalino all'elettorato la volontà di rinnovare la propria offerta e anche, per certi versi, le proprie proposte programmatiche. Facile a dirsi, meno a farsi – e, nondimeno, tutt'altro che impossibile, come dimostra appunto la scelta di Salis. Sapendo, in ogni caso, che neppure l'unità elettorale e il campo allargato al massimo sono sinonimi di capacità di governare insieme in maniera efficace e trovando sempre una sintesi adeguata. Perché quella è un'altra partita ancora, particolarmente complicata proprio per le sinistre.
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