Energia e Data center, il ritardo che minaccia il Nordest
Tra il 2017 e il 2021, in appena cinque anni, l’utilizzo di energia elettrica da parte di Meta, Google, Microsoft e Amazon è più che raddoppiato e l’attuale evoluzione della domanda complessiva ha proporzioni altrettanto colossali. È necessario considerare la questione della distribuzione di energia elettrica e della geografia dei data centers quale un tema strategico anche a Nord Est

Tra il 2017 e il 2021, in appena cinque anni, l’utilizzo di energia elettrica da parte di Meta, Google, Microsoft e Amazon è più che raddoppiato e l’attuale evoluzione della domanda complessiva ha proporzioni altrettanto colossali, in particolare quella proveniente dai data centers, strutture energivore che ospitano server e sistemi informatici per elaborare, archiviare e distribuire dati.
Uno dei principali driver dell’aumento di consumo elettrico dei data centers sono le applicazioni di Intelligenza Artificiale, che oggi impattano per circa il 10-20% della domanda di energia del settore anche se, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, l’utilizzo di corrente di questi siti derivante dall’IA potrebbe decuplicare nel solo quadriennio 2023-2026. Basti pensare che cercare la prima informazione di questo paragrafo su Google ha richiesto all’incirca 0,3 wattora, misura che sarebbe salita di quasi dieci volte tanto se avessimo chiesto lo stesso dato a ChatGPT.
È necessario dunque considerare la questione della distribuzione di energia elettrica e della geografia dei data centers quale un tema strategico anche a Nord Est, come emerso nel recente Festival Galileo della scienza e dell’innovazione, tenutosi a Padova.
Nonostante le difficoltà nelle stime, in Europa la domanda di potenza dei data center è stimata aumentare di 2,5 volte, dai 10 GW odierni ai 35 GW nel 2030, e quella di energia elettrica è prevista quasi triplicare, dai 62 TWh (stima JRC, escludendo il consumo derivante dalle cryptovalute) ad oltre 150 TWh.
Il tema si dimostra dunque profondamente impattante, come testimoniato da McKinsey secondo cui, a fine decennio, i data centers incideranno per il 5% della richiesta di elettricità del Vecchio Continente, dal 2% circa attuale. Tali stime dimostrano l’immenso potenziale di crescita del settore, specialmente cercando un paragone negli Stati Uniti, dove i data centers pesano il doppio nella domanda complessiva di elettricità. Ad oggi infatti, in Unione Europea, solo pochi Stati tra i quali Germania, Paesi Bassi e Irlanda (quest’ultimo è un caso limite) vedono più del 3% della domanda di corrente elettrica provenire da questi centri.
Ma in un periodo storico che vede aumentare le disuguaglianze tecnologiche ed economiche tra nazioni così come tra regioni e città all’interno dello stesso confine, la geografia dei data centers non si dimostra indulgente. Germania, Francia, Paesi Bassi e Irlanda pesano due terzi del consumo derivante dai data centers in Unione Europea, dove il mercato è imperniato attorno ai grandi poli, tanto da veder coniato il termine FLAP-D, ovvero Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino. Ad eccezione di quest’ultima, le città menzionate ospitano infatti tra il 28% ed il 39% di tutti i data centers presenti nella rispettiva nazione, sottolineando l’elevato grado di concentrazione spaziale di questa tecnologia.
E in Italia? Il Belpaese ospita, secondo Data Center Map, 176 strutture, (sono oltre quattrocento in Germania e Regno Unito, 265 in Francia), tutt’altro che equamente distribuite sul territorio nazionale. Solo un decimo ha infatti sede in regioni del Mezzogiorno (17), all’incirca il doppio (36) sono quelli presenti nel Centro, che a sua volta sono pressappoco la metà (65) di quelli nella sola Milano.
In questo campo il Nord Est non riesce ad equiparare il suo peso economico poiché accoglie appena 34 siti sparsi sul territorio, di cui quattordici in Veneto e dieci in Emilia-Romagna. Specialmente in questo territorio, buona parte del futuro di questa tecnologia dipenderà dallo sviluppo dei servizi nella gestione delle imprese manifatturiere e nell’economia in generale. La propulsione data dalla digitalizzazione sarà poi un’ulteriore spinta, e in questo ambito la crescita delle PMI e la loro cyber sicurezza non può che passare dall’utilizzo di data centers, servizi cloud e reti affidabili.
Preme anche la questione della distribuzione geografica dei data centers che, al di là delle condizioni climatiche macroregionali, vede come i fattori più impattanti la disponibilità di spazio, la presenza di infrastrutture di connettività e il supporto pubblico e privato alla digitalizzazione. È interessante quindi notare che a candidarsi come polo nordestino sia stata Padova, che per realizzare i suoi sette data centers ha potuto godere della riconversione di aree industriali dismesse, della vicinanza all’Internet Exchange Point VSIX, di un’area economica vitale e di un territorio a basso rischio sismico e idrogeologico. Rimane però distante da altri centri della Penisola come Roma (19 data centers) e Torino (10), a loro volta surclassati dalla gravità di Milano, che da sola conta un terzo dei datacenter nazionali.
Riguardo le stime di domanda di energia elettrica è bene evidenziare che lo scenario più estremo è rappresentato da ondate di calore sempre più frequenti e intense, le quali non potranno che amplificare il consumo dei sistemi di raffreddamento, fonte del 40% circa dell’elettricità utilizzata da parte dei data center. Purtroppo, la latitudine relativamente bassa e le condizioni climatiche dei territori nordestini e dell’intero Stivale non fungono da aiuto ma rendono più insidiosa la questione, gonfiando gli investimenti futuri necessari, stimati sempre da McKinsey, per l’Europa, attorno ai 250 miliardi di euro.
Si delinea quindi, con una certa urgenza, la necessità di efficientare, espandere e rendere più sicura la cosiddetta “grid”, ovvero la rete di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica. Tale misura va intesa anche in senso strategico, i recenti blackout in Spagna e Portogallo ne sono la prova plastica. Infine, il confronto con le altre macroregioni del Paese e soprattutto con le più avanzate aree d’Europa evidenzia da un lato la delicata tematica della polarizzazione geografica nell’economia della conoscenza e dall’altro la strada che c’è ancora da percorrere nel rendere buona parte del tessuto produttivo nordestino tecnologicamente all’avanguardia, digitalizzato e integrato con il paradigma dell’Intelligenza Artificiale.
*Presidente e ** Ricercatore di Fondazione Nord Est
Riproduzione riservata © il Nord Est