La prova di forza dentro le coalizioni
Tra oggi e domani Veneto, Campania e Puglia eleggono nuovi presidenti. Tre governatori storici lasciano il posto a volti nuovi. Focus su equilibri tra coalizioni, sfide interne ai partiti e possibili colpi di scena al Sud

Fuori tre governatori “storici”. Dentro tre volti nuovi. Comunque andranno le cose, nella tornata che chiude, tra oggi e domani, il ciclo del voto regionale 2025, Veneto, Campania e Puglia cambieranno la propria guida. Ma, se le attese di generale stabilità saranno confermate, per trovare altri spunti interessanti bisognerà guardare dentro le coalizioni. E a chi si chiamerà fuori dall’arena elettorale.
Se ci saranno sorprese, si tratterà di veri e propri colpi di scena. Qualora una delle tre regioni dovesse cambiare colore politico, dopo le riconferme fornite da Marche (centro-destra), Calabria (centro-destra) e Toscana (centro-sinistra). Qualora la contabilità generale non consegnasse un complessivo 3-3, con il Veneto a centro-destra e le altre due regioni a centro-sinistra. E, visto che solo dal Sud potrebbe arrivare qualche brivido in questo senso, si tratterebbe, nel caso, di un vero e proprio sfondamento per Meloni. E di un terremoto sul (già terremotato) campo largo, i cui attori attendono invece, dall’esito delle urne, qualche buona ragione per stare insieme.
Tutti gli indizi segnalano come, dopo le montagne russe degli anni scorsi, la giostra elettorale si sia fermata. Congelando gli equilibri esistenti, a livello nazionale come in periferia. Non a caso, nel primo tempo del voto regionale, le conferme hanno riguardato anche la poltrona del Presidente. Non potrà essere così nell’esito di domani, a causa del vincolo sul numero di mandati. Ma l’eredità e il peso degli uscenti saranno comunque ingombranti. Non solo perché De Luca sarà in corsa con una propria lista, e Zaia capolista della Lega. Ma anche perché i loro numeri di cinque anni fa – rispettivamente, 69% e 77% – fissano asticelle altissime per i successori.
Oltre all’esito generale, conteranno allora le “proporzioni” e la composizione del risultato. Anzitutto, rispetto agli equilibri tra alleati: Pd, M5s e partiti minori, da una parte, FdI, Lega e FI, dall’altra. Nel primo caso, come detto, occhi soprattutto al Sud e, in particolare, alla Campania, la regione più “gialla” d’Italia: dove il M5s ha conosciuto i propri risultati migliori e schiera un big della prima ora. Nel caso della coalizione di governo, salvo exploit nelle altre due regioni, conteranno soprattutto i dati che arriveranno dal Veneto. Per saggiare l’avanzata di FdI nella terra dove un tempo era tutto forzaleghismo. Ma, oltre che sulle dinamiche intra-coalizionali, l’attenzione si concentrerà su quelle interne ai partiti. In particolare, sul confronto tra Lega (nazionale) di Salvini e Lega (veneta) di Zaia, che potrà mettere sul piatto le preferenze ricevute.
Come ormai ad ogni appuntamento elettorale, la lettura rischierà di essere parziale se non si guarderà anche fuori dalle urne: ai voti non espressi. Con una avvertenza: il confronto più veritiero sarà con l’affluenza del 2015, leggermente inferiore rispetto a cinque anni fa, quando si votò nella stessa giornata anche per il referendum sulla riduzione del numero di parlamentari. Questa volta, invece, la consultazione sulla nuova revisione costituzionale avverrà tra qualche mese. E continueremo a non annoiarci. —
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