Il contropiede anti Trump che rianima i dem
La marcia dei democratici verso le elezioni di midterm segnata dalla vittoria elettorale del sindaco Mamdani a New York. Lievita la partecipazione al voto, mentre il presidente perde consensi: c’è spazio per una opposizione

Comincia con un successo la marcia dei democratici Usa verso le elezioni di midterm che si terranno tra un anno. Diventa sindaco di New York Zohran Mamdani: aveva vinto le primarie sfidando l’erede di una delle storiche famiglie dell’Asinello – i Cuomo, e dichiarandosi apertamente socialista.
Un condensato di apparenti svantaggi, accresciuto dal suo essere musulmano in una città che conta una vasta e influente comunità ebraica storicamente schierata in maggioranza con i dem. Profilo che poteva essere una zavorra. Con una campagna elettorale sulle difficoltà economiche del vivere a New York- e proposte come il blocco degli affitti, l’estensione di servizi pubblici da finanziare a carico dei più ricchi, è, invece, riuscito a convincere l’elettorato. In particolare lo hanno sostenuto i giovani, anche per la posizione sulla guerra di Gaza, e segmenti di gruppi etnici da tempo lontani dalle urne. Il tutto all’insegna di una piattaforma incentrata sui diritti sociali, non su quelli culturali o di genere. Una mobilitazione intensa, che ha fatto lievitare la partecipazione al voto: la più alta dal 1969.
Trump ha etichettato Mamdani come “comunista” e esortato gli ebrei a votargli contro. Non è bastato a far decollare il repubblicano Sliwa, poi abbandonato a sé stesso per puntare su Cuomo, ex governatore dem dello Stato di New York, presentatosi come indipendente dopo la giubilazione alle primarie. Difficoltà che certifica la crescente impopolarità del presidente, ormai diffusa anche in settori di elettorato che lo avevano votato. Malcontento per la situazione economica e la politica estera. All’opposto, l’ala sinistra del partito democratico, che fa capo al vecchio socialista Sanders e alla pasionaria Ocasio-Cortez , e ora può contare anche su Mamdani, è riuscita a catalizzare il dissenso verso le politiche autoritarie e iperliberiste di Trump.
Lo spostamento a sinistra dei democratici non sorprende. Trumpismo e movimento Maga hanno ulteriormente radicalizzato le scelte. In un confronto così polarizzato, vengono premiate le posizioni più nette. Del resto, difficilmente potevano esserlo quelle espresse da un centrismo senz’anima, in cui il moderatismo era divenuto rassegnata impotenza, come quello incarnato dal vecchio notabilato dell’Asinello che prima non era riuscito a far dimettere Biden, poi aveva lasciato candidare l’inconsistente Harris. La crescente presa della linea Sanders-Ocasio Cortez, così come l’elezione del sindaco “socialista”, obbliga ora il partito a uscire dallo stato comatoso in cui lo ha gettato il ritorno di Trump alla Casa Bianca . Anche se va ricordato che la cosmopolita New York è la meno americana delle città americane. Difficile, dunque, trarre indicazioni per il futuro dal solo voto nella Grande Mela .
I dem, però, vincono anche in New Jersey, dove si confermano con Sherril, e in Virginia, dove strappano il governatorato ai repubblicani con Spanberger, che ottiene il migliore risultato per il partito da decenni. In California, poi, il governatore Newson, possibile sfidante di Trump, ottiene, con un referendum-rappresaglia nei confronti dei repubblicani che in precedenza lo avevano fatto in Texas, che il governo statale possa tornare a ridisegnare i collegi elettorali. Dem per tradizione, la California dovrebbe così avere alcuni parlamentari in più.
Il voto mostra, dunque, che vi è spazio per l’opposizione a Trump.
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