Il centrodestra e la conquista del potere nel Nord Italia
Meloni intende mettere le mani sulle casematte del potere leghista, senza fare sconti, anzi, disponibile a farne forse solo uno: la conferma della primazia leghista in Veneto, dove la candidatura a governatore andrà decisa di qui a un mese


È ufficiale: la partita per la conquista del potere nel Nord Italia è iniziata. Come spesso avviene nella storia, può essere un fatto locale a far deflagrare equilibri nazionali, fino alle peggiori conseguenze. Ma anche stavolta la maggioranza di governo potrebbe uscirne indenne, almeno a interpretare i segnali giunti dalla Lega e quelli che arrivano dalla tolda di comando della premier.
La quale intende mettere le mani sulle casematte del potere leghista, senza fare sconti, anzi, disponibile a farne forse solo uno: la conferma della primazia leghista in Veneto, dove la candidatura a governatore andrà decisa di qui a un mese.
Però è evidente che impugnare la legge trentina per il terzo mandato di Maurizio Fugatti significa non solo mettere un’ipoteca in quella regione, ma stoppare sul nascere anche la volontà di Massimiliano Fedriga di poter accedere alla terza elezione in Fvg. Di qui il fumo dal naso dei due governatori, per la decisione del governo, anticipato dalla minaccia di far saltare la sua giunta messa in atto ieri da Fedriga.
«Strumentalizzando la nostra polemica sull’ospedale di Pordenone per provare a spaventarci alla vigilia della riunione di oggi», raccontano i Fratelli d’Italia, dopo lo scontro andato in scena in Consiglio dei ministri sull’impugnazione davanti alla Consulta del terzo mandato nelle Regioni a statuto speciale.
Ma sono le due parole pronunciate da Matteo Salvini, «questioni locali», a gettare una secchiata d’acqua sul fuoco, a dispetto di chi teme (o spera, come le opposizioni) che la questione nordorientale possa mettere a rischio la tenuta del governo nazionale. Non sarà così. Anche se quando parte una slavina di polemiche non si sa mai come va a finire, in questo caso entrambi i contendenti sembrano avere una sola strategia: usare armi di deterrenza per arginare i reciproci appetiti.
Nel caso della Lega, il vero obiettivo resta tenere in pugno il Veneto nel dopo Zaia. Tutto il resto viene dopo, anche temporalmente. In Fvg si voterà nel 2028, idem in Lombardia, mentre in Trentino addirittura nel 2029. Orizzonti lontani. FdI invece intende mettere le mani sul potere locale nelle regioni, per far crescere una classe dirigente diffusa chiederà poltrone e assessorati, non vuole più lasciare alla Lega la primazia indiscussa del Nord produttivo. Quindi se il Veneto resterà al Carroccio, con la mossa di ieri Giorgia Meloni ha fatto capire ai leghisti che imporrà sue candidature in Fvg e Lombardia.
Ma se la pax romana del governo non verrà troppo stravolta dalla campagna per la conquista del Nord di Meloni è anche perché in questo momento a Salvini basta tenere alte le sue bandiere, Autonomia, federalismo, sicurezza e immigrazione. Per questo ha designato suo vice Vannacci; per questo il 9 maggio ha fatto varare a Giorgetti il decreto sul federalismo fiscale; per questo ieri lo stesso Calderoli, dopo aver contestato la violazione dell’autonomia delle Regioni a statuto speciale, ha depositato in cdm la legge delega sui Lep con 33 articoli e 200 allegati. Che ha innescato subito un’altra discussione, finita però con un via libera del governo.
Quindi un Consiglio dei ministri concluso con una sorta di 1-1 che scontenta tutti e non fa vincere nessuno. Almeno per ora. Certo è che, quale sia il candidato della Lega in Veneto, da ieri sa di non poter contare sui fratelli-coltelli né sugli azzurri, per portare a casa il risultato. La guerra del Nord comporta anche questo effetto collaterale.
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