Ora l’Europa non ceda al ricatto di Trump

Come al solito questa politica della clava riapre una trattativa, a cui bisogna presentarsi attrezzati. Purtroppo la principale arma da parte europea è già stata buttata alle ortiche, era la tassazione delle Big Tech

Patrizio BianchiPatrizio Bianchi
I guru delle Big Tech costretti a difendersi davanti al Congresso degli Stati Uniti dalle accuse di pratiche anticompetitive. Nella foto Mark Zuckerberg, CEO di Meta
I guru delle Big Tech costretti a difendersi davanti al Congresso degli Stati Uniti dalle accuse di pratiche anticompetitive. Nella foto Mark Zuckerberg, CEO di Meta

E infine, un sabato pomeriggio di luglio, a borse chiuse, è arrivata la lettera di Donald Trump alla presidente della Commissione Europea. Con uno stile quasi irridente, Trump sfodera tutto il suo repertorio a partire dall’evidenza che nello scambio di merci gli Stati Uniti presentano un pesante deficit nei confronti dell’Europa, ma dimenticando che nei servizi, e in particolare nei servizi digitali, la situazione è inversa con un ristretto gruppo di grandissime imprese americane che detengono un solido monopolio di mercato a livello mondiale, quindi anche in Europa.

Ricordiamo che Google, ad esempio, controlla direttamente oltre il 90 per cento del mercato mondiale del search machine, con l’enorme massa di pubblicità che ne deriva.

Dopo aver ripetuto che lo squilibrio commerciale è dovuto a barriere più meno nascoste da parte europea, Trump butta sul tavolo un dazio generalizzato del 30% che, del resto, dichiara ben lontano dai presunti blocchi che limitano la competitività delle imprese americane.

La verità è che negli Stati Uniti in molti comparti non vi sono più le competenze per realizzare beni competitivi con il mercato mondiale. A denunciarlo in modo chiaro è la scelta della Apple di uscire dalla Cina ma non di tornare a produrre negli Stati Uniti, bensì di preferire l’India come base produttiva.

Certamente questa scelta dell’amministrazione americana, ma anche tanta acquiescenza europea, mette in difficoltà le aree più dinamiche dell’industria dell’Unione Europea, a partire proprio dai nostri distretti del Nord Italia, fra Milano, Bologna e Venezia, dove abbiamo sviluppato pazientemente aree e sistemi ad altissima produttività ed innovazione, non certo rintracciabili negli Stati Uniti.

E quindi la penetrazione su quei mercati da parte delle nostre imprese è frutto di una capacità di innovazione e di risposta a bisogni emergenti, che comunque questo ricatto trumpiano ci obbliga a rafforzare ancor più, ad esempio ponendoci esplicitamente il tema delle dimensioni delle nostre imprese, la cui componente finanziaria è oggi la parte più fragile.

Come al solito questa politica della clava riapre una trattativa, a cui bisogna presentarsi attrezzati. Purtroppo la principale arma da parte europea è già stata buttata alle ortiche nel momento in cui al G7 i tre maggiori paesi della Unione Europa si sono impegnati a non imporre neppure una Minimum Tax alle grandi multinazionali americane del digitale, a quei multimiliardari che proprio con l’ultima legge di bilancio trumpiana sono stati esentati da ogni imposizione fiscale, quasi fossero semidei di un paradiso fiscale, che però vede larghissime parti della popolazione scendere ogni giorno più in povertà. Si ricordi che il cinquanta per cento della popolazione degli Stati Uniti possiede nel suo insieme meno dello 0.8 per cento della ricchezza nazionale ed a questi è stata tolta ogni assistenza sanitaria.

Trump minaccia di appesantire il carico se l’Europa reagirà, ma proprio per questo bisogna oggi essere uniti e reagire con fermezza ad una politica che creerà e sta già creando danni non solo al nostro Paese ed all’Europa, ma a tutto il mondo, compresi gli stessi Stati Uniti. Trump sta spingendo i suoi alleati orientali, Giappone, Corea del Sud e tutta l’area dell’Estremo Oriente nelle braccia della Cina, e peraltro attaccando Canada ed Europa indebolisce quel fronte occidentale che si riconosce nella Nato.

Bisogna ritrovare unità di azione. L’Europa rialzi la testa, si riapra una trattativa che coinvolga anche la nostra necessità di ritrovare autonomia sul fronte digitale ed insieme investire di più sulle nostre capacità non cedendo al ricatto. Non ci sono solo i nostri interessi in gioco ma gli equilibri del mondo intero.

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