Conte punta alla coalizione assimetrica

Con le sue ultime mosse, l’ex presidente del Consiglio si propone come riferimento di un inedito patto progressista. Su scala europea e italiana. E sa benissimo di creare difficoltà anzitutto al promesso-alleato, il Pd di Elly Schlein

Fabio Bordignon

Nel confuso e asimmetrico bipolarismo italiano, è ormai evidente l’esistenza di un’area che travalica i confini tra maggioranza e opposizioni. Uno schieramento che non esiste nelle alleanze ufficiali, né si proietta verso future esperienze di governo. Semmai, ne richiama alcune del passato.

La politica estera e del no al riarmo sono il terreno sul quale tale coalizione virtuale prende forma. Che non ha un nome, un progetto, un capo.

Dovendo individuare una figura che la compendia e ambisce a rappresentarla, però, il pensiero va subito a Giuseppe Conte. Proviamo a sviluppare questa suggestione. Il leader Cinque Stelle è stato uno dei protagonisti del corteo pacifista di ieri a Roma. Al quale hanno preso parte anche altri pezzi del centro-sinistra: Avs, qualche rappresentante del Pd.

Nell’ultima settimana, Conte ha inoltre inviato un appello «ai leader delle forze democratiche e progressiste europee», per un incontro da svolgersi a L’Aia in corrispondenza del vertice Nato. Naturalmente per esprimere dissenso rispetto all’aumento della spesa per la difesa.

Con queste mosse, l’ex presidente del Consiglio si propone come riferimento di un inedito patto progressista. Su scala europea e italiana. E sa benissimo di creare difficoltà anzitutto al promesso-alleato, il Pd di Elly Schlein. Alle prese con i consueti psicodrammi interni.

Ma sui temi internazionali Conte si ritrova spesso dalla stessa parte anche rispetto a Salvini. Con il quale è già stato alleato, ai tempi del Conte 1. E continua ad essere in almeno parziale sintonia su alcune questioni. Come nel caso dell’immigrazione.

Le posizioni del M5s non sono radicali come quelle della Lega. Piuttosto, le ambiguità del partito di Conte si sono tradotte in delle non-posizioni. Come in occasione del recente referendum sulla cittadinanza, ennesima “luce rossa” per le prospettive del campo largo, come ha scritto ieri Massimiliano Panarari su queste pagine. Ma è sulla politica estera che il fenomeno è più evidente. Salvini, dal canto suo, ha continuo bisogno di smarcarsi dalla maggioranza di cui fa parte.

Di rivendicare la propria diversità. Anche per questo, ha ribadito a più riprese, in questi mesi, la sua contrarietà all’aumento della spesa militare. Naturalmente, chi volesse smontare la tesi sostenuta in questo articolo, per ora poco più di un divertissement, avrebbe gioco facile nel richiamare come, anche sulla politica estera, della guerra e della pace, le posizioni di ciascun attore politico non sono mai perfettamente sovrapponibili a quelle di qualunque altro, all’interno di questa ipotetica area politica.

La questione è che distinzioni altrettanto profonde si manifestano anche dove ci si aspetterebbe di trovare maggiore coesione e unità di intenti. Nella maggioranza. Per non parlare dell’opposizione. Una nebulosa, quest’ultima, nella quale il capo dei Cinque Stelle continua ad agire da battitore libero. Come leader in pectore di una coalizione alternativa: alla maggioranza come all’opposizione. Ricorda una versione aggiornata del patto che sostenne il Conte 1.

E include alcuni pezzi dell’aggregato che, pochi mesi dopo, si coagulò attorno al Conte 2. Potremmo chiamarla la coalizione del Conte 1 e 1/2.

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