Consalvo presidente del porto di Trieste, ora mani libere al manager del risveglio
Il neopresidente dovrebbe essere messo nelle condizioni di determinare lui stesso colui che lo affiancherà nella conduzione del Porto. Una scelta basata sulla competenza, sull’affiatamento, sulla fiducia, senza passare sotto le forche caudine della famelica indicazione partitica

Cinquecentocinquanta giorni: tanti ce ne sono voluti. Certo, c’è da esultare per la fine di questo sofferto percorso di nomina, che aveva ormai assunto i tratti e il passo di una drammatica fiction seriale. Ma se ripercorriamo (doverosamente) le traversie dell’Autorità portuale di Trieste e Monfalcone da quel fatidico primo marzo 2024, quando Zeno d’Agostino annunciò a sorpresa le sue dimissioni da presidente con effetto il successivo primo giugno, c’è da mettersi le mani nei capelli.
Non è maniera di gestire le sorti di uno dei più importanti scali italiani, quello tra tutti che – all’epoca - vantava maggiore slancio e maggiori prospettive di sviluppo. La scelleratezza della mancanza di programmazione, gli appetiti spartitori della politica, l’indecisione cronica di stampo romano, vicende giudiziarie correlate hanno precipitato le banchine giuliane in uno stato di prostrazione e di incertezza che non ha tardato a farsi sentire. Sono arrivati così il rallentamento dei traffici e dei piani di sviluppo infrastrutturale e subito appresso la perdita di credibilità e di visibilità su scala internazionale: sono eredità di cui oggi Marco Consalvo, finalmente neo-presidente della suddetta Autorithy, avrebbe senz’altro fatto molto volentieri a meno.
Ma giriamo pagina. Ora l’ingegner Consalvo è chiamato a rimettere in movimento una nave semi-arenata: chi conosce le regole dell’inerzia, sa quanta energia serva per smuovere ciò che si è di fatto fermato. I dossier che il manager appena nominato troverà sulla sua scrivania della Torre del Lloyd, in un anno e mezzo di ordinaria amministrazione, se non peggio, si sono impietosamente impilati. La mancanza di un interlocutore riconoscibile e titolato a rispondere ha frenato progetti, deteriorato intese, fatto perdere opportunità.
Senza un direttore sul podio, gli elementi che compongono idealmente l’orchestra portuale, dai terminalisti ai sindacati, dagli spedizionieri agli investitori, hanno purtroppo preso a stonare. Consalvo dovrà riprendere in pugno la bacchetta e agire con decisione per far ritrovare la coralità e sopire gli screzi. Per farlo, avrà bisogno dell’aiuto di un valido primo violino: ci riferiamo a un segretario generale di fiducia, d’esperienza, all’altezza di un compito operativo da far tremare le vene ai polsi.
In sostanza: dovrebbe essere messo nelle condizioni di determinare lui stesso colui che lo affiancherà nella conduzione del Porto. Un po’ come fu concesso proprio a D’Agostino prima con Mario Sommariva e poi Vittorio Torbianelli, con i risultati eclatanti che tutti a Trieste ricordano e rimpiangono: scelte basate sulla competenza, sull’affiatamento, sulla fiducia, senza passare sotto le forche caudine della famelica indicazione partitica.
La politica ha già causato molti, troppi danni in quest’ultima propaggine dell’Adriatico. Almeno stavolta, si astenga dal mettere i bastoni fra le ruote: ascolti le richieste che si levano dall’intero sistema portuale triestino e dia a Marco Consalvo gli strumenti per esercitare subito i pieni poteri del suo mandato. —
Riproduzione riservata © il Nord Est




