Turismo sul litorale veneziano, il bilancio estivo: «Stagione durissima ma disastro evitato»

Boccato manager della catena Hnh: «Chi non ha aperto si mangerà le mani. Gli aiuti di Stato fondamentali
ma ora c’è una visione più chiara su come affrontare questa crisi»

JESOLO. «Chi non ha aperto in questa stagione, pur difficile, si mangerà le mani». Non va tanto per il sottile Luca Boccato, manager e amministratore delegato di “Hnh Hospitality”, gruppo alberghiero con 14 strutture ricettive in tutta Italia, tre delle quali a Jesolo con il primo 5 stelle Almar.

Fermo restando che gli aiuti dello Stato risultino importanti, non vede tutto nero e anzi, soprattutto nelle località balneari, ritiene che la stagione sia stata in qualche modo salvata. La previsione di un meno 50 per cento, e anche meno 40, è centrata per chi ci ha creduto.

«Ho sostenuto sin dall’inizio», ricorda Boccato, «che dovevamo aprire tutti a maggio e dare un segnale che molti hanno comunque recepito. Nel nostro settore non ci sono formule magiche per calcolare costi e ricavi, ma certo ci sono delle tendenze e dei parametri che sono per certi versi fissi. Una delle variabili è se gli hotel sono ad esempio di proprietà oppure in affitto, poi se sono in città o in località turistiche e al mare. Ma possiamo in generale dire che un hotel medio per poter pareggiare i conti deve avere un’occupazione media del 60 per cento.

«Se parliamo invece di un hotel lussuoso e con prezzi più alti è sufficiente una occupazione media del 40 per cento. Ragioniamo sulle località turistiche di mare, in questo caso. Noi abbiamo aperto a maggio appena è stato possibile, siamo stati aperti a settembre e lo saremo anche tutto il mese di ottobre. E la situazione non è precipitata pur con una partenza difficile e complessa, dopo una pandemia che ha messo in ginocchio il mondo».

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I conti relativi a un albergo di media grandezza, un centinaio scarso di camere e una quarantina di dipendenti, con un fatturato tra i 2 milione e mezzo massimo 3 milioni di euro ha una serie di spese da affrontare che incidono in maniera differente.

Il personale, ad esempio, incide per il 20-25 per cento, vale a dire attorno ai 700 mila euro. Parliamo di cuochi, camerieri, reception, barman, pulizia, bagnini.

Ci sono poi le utenze, in primis la corrente elettrica, tra il 5 e 10 per cento, vale a dire 200 mila euro. E le materie prime e forniture in genere, 300 mila euro. Le spese di lavanderia possono variare anche tra i 100 e 150 mila euro.

Ecco perché aprire un albergo, girare la chiave dell’ingresso a inizio stagione e accendere le luci può essere difficile soprattutto in un momento come questo in cui siamo usciti dalla pandemia che ha colpito anche grande misura proprio il turismo per la difficoltà di viaggiare e di organizzare le sevree prescrizioni anti contagio.

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E la richiesta di cassa integrazione in deroga fino a ottobre e aiuti di Stato robusti non è certo campata in aria. Però ci sono variabili che non si possono prevedere e che rientrano nel rischio di impresa. Ad esempio chi avrebbe detto che i turisti stranieri sarebbero arrivati comunque? Tedeschi e austriaci che non hanno rinunciato nonostante le fake news, poi la sorpresa degli svizzeri e di tanti kosovari e albanesi che hanno scoperto le nostre spiagge diventando una autentica rivelazione anche per il futuro.

Boccato guarda anche in positivo. «Noi non abbiamo esitato un attimo e abbiamo detto subito», sottolinea con un sorriso, «che aprire sarebbe stato fondamentale e lo si doveva fare tutti assieme, senza pensarci troppo. Chi non lo ha fatto si è pentito e oggi credo che un titolare di hotel abbia chiara la visione di come si possa affrontare anche un momento così difficile e unico quale è stato il post covid».

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