Un cervello triestino nel satellite 5G-Lide lanciato con un razzo SpaceX

Il lancio con un razzo SpaceX dalla base californiana di Vandenberg: fra le realtà coinvolte c’è Picosats, l’azienda dell’astrofisica Gregorio

Giulia Basso
Anna Gregorio fondatrice di Picosats, insegna al Dipartimento di Fisica di Trieste
Anna Gregorio fondatrice di Picosats, insegna al Dipartimento di Fisica di Trieste

Mercoledì 23 luglio, dalla base californiana di Vandenberg, un piccolo cubo di tecnologia italiana ha iniziato il suo viaggio verso l’orbita polare. Il satellite 5G-Lide, lanciato con un razzo SpaceX, rappresenta il primo test europeo per portare le comunicazioni di quinta generazione oltre l’atmosfera terrestre, con l’obiettivo di garantire la connessione internet veloce via satellite.

Al centro del progetto c’è Picosats, azienda triestina con sede nell’Area Science Park di Padriciano fondata da Anna Gregorio, imprenditrice spaziale e astrofisica che insegna al Dipartimento di Fisica dell’Università di Trieste. Picosats ha realizzato il cervello tecnologico del satellite: un sistema composto da due ricetrasmettitori e quattro antenne speciali.

Dietro il successo del progetto c’è un team di talenti guidati dal managing director Cristiano Monti. La missione 5G-Lide punta a dimostrare che è possibile far funzionare le comunicazioni 5G ad alta velocità di trasmissione anche dallo spazio.

Il progetto è stato finanziato e supportato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) attraverso l’Agenzia spaziale europea (Esa), e coinvolge un team tutto italiano guidato da Tyvak International di Torino, insieme a Radio Analog Micro Electronics (Rame) di Roma e Tim, che mette a disposizione i suoi laboratori di test.

Il satellite, delle dimensioni di poco più di una scatola da scarpe, rappresenta il ponte tra il presente e il futuro delle comunicazioni. «Il 5G è un sistema prettamente terrestre, ma il 6G futuro sarà un sistema misto, che combinerà reti terrestri e satellitari», spiega Gregorio. «Mentre nel 5G la rete satellitare non è prevista dal punto di vista funzionale, nel 6G diventerà procedura normale. Tutti si stanno preparando per questi nuovi sistemi di comunicazione».

L’obiettivo è ambizioso: dimostrare che piccoli terminali possono accedere direttamente a servizi a banda larga attraverso collegamenti satellitari ad alta velocità, aprendo nuove possibilità per i soccorsi, la difesa, la medicina a distanza e tutti quei servizi che hanno bisogno di connettività in movimento o in zone dove non arriva il segnale dei cellulari.

Una volta in orbita, il satellite si collegherà con due stazioni a terra: una in provincia di Rieti, dove saranno installati i terminali terrestri sviluppati per il progetto, e l’altra a Noordwijk, nei Paesi Bassi, dove hanno sede i laboratori dell’Esa. Durante questi collegamenti, il satellite punterà le sue antenne verso la Terra per creare una comunicazione veloce e bidirezionale, testando la qualità del segnale e i tempi di risposta.

Il progetto, inserito in una dimensione europea, è interamente tricolore: «Non solo tutte le aziende coinvolte sono italiane, ma è stata l’Asi a finanziare tutto il progetto e a crederci», rimarca Gregorio. Un’eccellenza che si inserisce in una strategia più ampia di autonomia tecnologica europea, in un settore dominato da attori extraeuropei. Il timing della missione è significativo. Mentre SpaceX di Elon Musk continua a dominare il settore dei lanci commerciali, l’Europa lavora per costruire alternative credibili anche nel settore delle costellazioni satellitari.

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