Leonardo acquisisce Iveco Defence Vehicles per 1,7 miliardi
La chiusura dell’operazione annunciata da Roberto Cingolani, Ad del colosso della difesa e dell’aerospazio. Il closing nel primo semestre del prossimo anno

Leonardo ha acquisito Iveco Defence con un controvalore dell'operazione in termini di enterprise value pari a 1,7 miliardi.
La società lo ha annunciato sottolineando che così «consolida il ruolo di player di riferimento nel settore europeo della Difesa terreste», con un accordo che «potenzia il posizionamento commerciale congiunto».
«L'acquisizione di Iveco Defence è un tassello fondamentale nello sviluppo della nostra strategia di crescita inorganica a supporto della piena attuazione del piano industriale», commenta l'a.d. di Leonardo, Roberto Cingolani.
Non solo i 90 lavoratori della Iveco Defence, ma l’intera città di Vittorio Veneto stavano trattenendo il fiato per le voci di vendita dell’azienda di armamenti (componentistica per blindati in particolare) che opera in città continuando ad assumere, in cerca soprattutto di saldatori.
Iveco Group, azienda del gruppo Exor, holding della famiglia Agnelli, aveva infatti confermato che «sono in corso discussioni in stato avanzato per potenziali operazioni riguardanti il settore della difesa, da un lato, e la restante Società dall’altro».
La Divisione Difesa, che comprende appunto lo stabilimento di Vittorio Veneto e la sede centrale da cui dipende – Bolzano, con circa 800 dipendenti –, è stata ceduta al consorzio guidato da Leonardo, mentre quella commerciale sarebbe destinata a Tata Motors.
Per Idv, che nel 2024 ha registrato ricavi per 1,13 miliardi (+15%), si era ipotizzato un valore di 1,7 miliardi.
La vendita del settore difesa è il primo tassello di un’operazione più ampia che prevede la vendita dell’intera Iveco – ben 19 siti industriali dove si producono veicoli commerciali, camion e autobus, 36.000 dipendenti nel mondo di cui 14.000 in Italia - all’indiana Tata Motors, società che possiede Jaguar Land Rover.
L’operazione ha già creato allarme tra i sindacati che sono stati convocati al Mimit il 31 luglio, ma – sembra – senza l’azienda.
«La situazione è molto grave e necessita di un passo indietro da parte della proprietà – hanno detto Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità, e Maurizio Oreggia, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil –. Exor sta chiaramente disinvestendo sulla prospettiva industriale della società a favore di profitti e dividenti per gli azionisti, come tra l’altro sta facendo anche nell’auto». Secondo i dirigenti sindacali, «tutto questo è molto grave e potrebbe impattare negativamente anche sulla tenuta occupazionale delle lavoratrici e lavoratori, che tra i soli diretti e somministrati sono circa 10.000, oltre naturalmente ad alcune migliaia dell’indotto».
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