Cybersecurity: la corsa di Yarix, da 5 a 80 milioni di ricavi in tre anni

La realtà di Treviso è stata testimone di un’evoluzione tanto rapida quanto frutto di un percorso strategico condiviso

Riccardo Sandre

 

Passare, in soli tre anni, da 5 milioni a 80 milioni di fatturato sembra un’impresa impossibile, ma non per Yarix, realtà della cybersecurity di Treviso, testimone di un’evoluzione tanto rapida quanto frutto di un percorso strategico condiviso.

Un successo che difficilmente potrebbe prescindere dal parallelo percorso di apertura del capitale di Yarix a un grande gruppo industriale di settore, la Var Group di Verona. Realtà, quest’ultima, da 875,7 milioni di euro di fatturato e oltre 4.200 dipendenti nel mondo. Che fa capo, a sua volta, a uno dei più grandi gruppi del settore dei servizi informatici per lo meno in Italia: il gruppo Sesa di Empoli, società quotata al segmento Star di Borsa Italiana, capace di fatturare, ad aprile 2025 oltre 3,3 miliardi di euro con un Ebitda da 240,7 milioni.

Una società che tra il 2012 e il 2025 presentava un Cagr (tasso di crescita annuo composto) dei ricavi dell’11,5% e dell’Ebitda del 14,5%. E Yarix, nata nel 2001 dall’incontro tra i due fondatori, Mirko Gatto, allora ventitreenne, e Stefano Meller (di 38 anni) e un finanziatore locale, Domenico Calligaro, nei suoi primi sei mesi di vita non era riuscita a fatturare neppure un euro.

«Avevamo puntato, come naturale, le Pmi del nostro territorio» ricorda Mirko Gatto, founder di Yarix e head of Cybersecurity di Var Group «ma, all’epoca, tra le Pmi non c’era nessun interesse per la cybersecurity. Per i primi sei mesi abbiamo girato a vuoto. Poi siamo venuti a contatto con un’azienda di tutt’altre dimensioni che cercava un servizio mirato, sartoriale, diverso da quello che offrivano all’epoca i pochi competitori sul mercato: gruppi come Telecom Italia e alcune multinazionali statunitensi i cui servizi però erano piuttosto rigidi».

Forte di un sistema di competenze estremamente solido, la neonata Yarix prese a collaborare, fin dal 2001, anche con la Polizia postale, fornendo servizi di formazione per le strutture contro il cybercrime che proprio in quegli anni si andavano costituendo. Mirko Gatto e Stefano Meller offrivano nel frattempo servizi di messa in sicurezza del perimetro aziendale, di analisi forense ma anche di Ethical Hacking: in pratica si fingevano aggressori per misure il livello di difesa e correggerne il tiro.

L’azienda, forte di contatti con imprese più strutturate, iniziava a ingranare e pure il rapporto con la Polizia di Stato si faceva più solido: dal 2008 Yarix è un partner tecnico del ministero degli Interni.

«Nel 2008 fatturavamo circa 1,5 milioni di euro e contavamo su di un team di 15 persone circa» spiega Gatto. «Nel 2014 contavamo su circa 30 collaboratori e fatturavamo più o meno 3 milioni di euro. La nostra era una crescita lineare: tot collaboratori, tot clienti. Volevamo di più e sapevamo come farlo: invece di affidare a ciascun operatore un portafoglio di clienti avremmo voluto costituire dei team tematici che affrontassero non tanto il cliente ma i suoi problemi in una logica industriale. Ma per farlo avremmo avuto bisogno di nuovi capitali e di supporto organizzativo».

Proprio nel 2014 entra in gioco Var Group. «Negli anni avevamo ricevuto diverse offerte di acquisto di quote» ricorda il founder di Yarix «ma noi volevamo un partner industriale per crescere. Var Group si è presentata a noi con l’obiettivo di acquisire il 51% fin da subito ma Yarix era, ed è, la nostra creatura. Ci siamo venuti incontro e in quell’anno abbiamo ceduto il 10% con la clausola che il governo dell’azienda sarebbe rimasto nelle nostre mani. Nel 2015 abbiamo ceduto un altro 40% delle quote nel frattempo iniziando a costituire reparti tematici, business unit interne e un servizio di monitoraggio h24. Dal 2015 abbiamo anche un “incident response team”.

Una sorta di Swat (squadra speciale, ndr) degli attacchi informatici che reagisce in tempo reale nelle situazioni di crisi. Ma abbiamo anche un team che naviga nel dark web per prevenire gli attacchi e rimanere aggiornato sul mondo del cybercrime e molto altro ancora».

Yarix macina successi e partecipa a indagini come il caso Telecamere, il più recente, che ha visto la messa in rete a pagamento di contenuti erotici ricavati da telecamere di sorveglianza, il caso FashionMirror, una rete di siti civetta che truffava i consumatori sfruttando il nome di marchi famosi, il caso Miano che infiltrava le comunicazioni digitali di diversi ministeri e dello stesso giudice Gratteri. «Il successo c’era ma non bastava né a noi né a Var Group» ricorda Gatto.

«Volevamo fare di Yarix un punto di riferimento integrato della sicurezza fisica e informatica insieme. Una società da 80 milioni di euro. Abbiamo cambiato sede, da Montebelluna a Treviso zona Appiani e da 50 dipendenti siamo passati a 300 in soli tre anni. È stato uno sforzo incredibile anche per l’Hr. Di personale non ce n’era e abbiamo proceduto, assieme ai canali di recruitment classici, ad attivare una lunga serie di sessioni di Academy che ci ha aiutato tantissimo. Nel frattempo però abbiamo attivato strutture operative in Thailandia, India e Messico al servizio dei clienti in Italia e nella Ue».

Ora la divisione di sicurezza fisica di Yarix (i soci fondatori hanno ceduto nel 2020 il restante 50% delle loro quote) è passata sotto un altro controllo e la stessa società si è trasformata nel brand di competenza per la cybersecurity di Var Group.

Alla chiusura del bilancio del gruppo Sesa, al 30 aprile 2025, Yarix aveva comunque registrato un fatturato di 70 milioni di euro, contava circa 400 dipendenti e confermava una crescita dei ricavi a due cifre.

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