Stefanel, sui conti la doccia fredda dei revisori

Ernst&Young: troppi elementi di incertezza sulla esecuzione della ristrutturazione. Gli advisor non certificano la semestrale: in discussione anche le previsioni contenute nel piano 2016-2021

PONTE DI PIAVE. Troppe incertezze che «fanno sorgere dubbi significativi sulla capacità del gruppo di continuare a operare sulla base del presupposto della continuità aziendale e quindi della capacità di realizzare le attività e onorare le passività nel normale corso della gestione». Per questa ragione i revisori di Ernst&Young (EY) sospendono il giudizio sui conti dei primi sei mesi di Stefanel. Impossibile, si legge nella relazione datata 1 agosto e firmata da Claudio Passelli, certificare la semestrale del gruppo di Ponte di Piave.

Certo, guardando al male peggiore va detto che poteva arrivare anche una bocciatura. Ma nelle valutazioni espresse su una situazione, quella a giugno scorso, già nota emerge in modo chiaro l’urgenza di una svolta radicale. Difficile, dopo che il mese di agosto è scivolato via senza alcuna novità di rilievo, che le trattative in corso con le banche e con l’investitore che ha manifestato un interesse non vincolante a entrare nel libro soci diano qualche frutto per l’autunno, così come si prevedeva alla presentazione del piano industriale 2016-2019. Ed è proprio in riferimento al fattore tempo che i revisori evidenziano i «profili di incertezza connessi all’aleatorietà della realizzazione» del piano di ristrutturazione del gruppo presieduto da Bepi Stefanel.

È noto che l’azienda ha chiesto e ottenuto dalle banche una moratoria fino a fine anno con l’erogazione di nuova finanza. Ma trascorso il primo semestre, si legge nella relazione di EY, «il presupposto della continuità aziendale è soggetto a molteplici significative incertezze». I punti su cui i revisori si soffermano sono prevalentemente tre. A partire dall’incertezza «sull’esecuzione in tempi brevi di azioni volte a ottenere un riequilibrio finanziario del gruppo unitamente al rafforzamento patrimoniale della capogruppo il cui capitale sociale si è ridotto di oltre un terzo in conseguenza delle perdite conseguite (13,3 milioni di euro il rosso a giugno scorso, ndr)».

Ma non è tutto qui. Perché i dubbi di EY riguardano anche «la definizione di una nuova manovra finanziaria con il ceto bancario nell’ambito di un nuovo accordo di ristrutturazione dell’indebitamento». Infine viene posto un punto interrogativo sulla «capacità del gruppo di realizzare le previsioni economico-finanziarie contenute nel piano industriale 2016-2019, come rivisitato ed esteso dal management della società sino al 2021, anche alla luce dei risultati negativi realizzati nel semestre chiuso al 30 giugno scorso». Si tratta, in poche parole, del piano all’esame delle banche elaborato dal potenziale “cavaliere bianco” con il supporto della società. Piano dal quale dipende il futuro del gruppo. C’è una montagna da scalare: 84,8 milioni di euro di indebitamento finanziario che include le passività nei confronti degli istituti di credito a medio-lungo termine e debiti verso i fornitori «scaduti di un ammontare significativo». E un capitale che non c’è più, dato che il patrimonio consolidato è negativo per 11,5 milioni.

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