Popolari, pronti i primi 50 atti di citazione

Oltre mille tra reclami e querele, per truffa ed estorsione, contro Popolare di Vicenza e Veneto Banca. E fallite le mediazioni, a giorni partiranno i primi 50 atti di citazione a firma dello studio legale Zanvettor e Bruschi che gestisce oltre 600 pratiche. Si va in causa civile per ottenere i risarcimenti. Sul tavolo, ogni fascicolo, è un caso singolare. Si va dai vizi nella documentazione, all’incoerenza del valore attribuito all’azione, alla violazione della trasparenza e correttezza nell’informativa. Portafogli “estremi” con il 100% di azioni, senza alcuna liquidità in conto. Profilature errate quanto a rischio, conoscenza degli strumenti finanziari ed età del cliente.
E’ il caso di una donna di 84 anni di cui celeremo il nome, il cui dossier titoli presenta una composizione per il 96% da investimenti e per il 3% di liquidità e compaiono quasi 90 mila euro di azioni della Popolare di Vicenza con una liquidità di appena 6 mila euro in conto. BpVi non commenta, ma questa 84enne oggi è in causa, per «l’assoluta concentrazione e l’inadeguatezza del portafoglio rispetto l'età della persona, che non ha prospettive di lungo periodo nell'investimento», spiegano Maria Bruschi e Romina Zanvettor.
«Una delle norme per il collocamento titoli è la diversificazione per diminuire il rischio, ma qui abbiamo solo azioni della BpVi ad alto rischio. «La banca» continuano «verbalmente spiegava alla cliente sulla base di un rapporto fiduciario che i suoi risparmi erano in una cassaforte, ma i documenti trapelano tutt'altro. Plichi e plichi di carte firmate a sua assoluta ignoranza e senza consapevolezza». Ma c’è un secondo caso che emerge per l’impatto familiare di un portafoglio sbilanciato. R.B. (sigla di invenzione) è una vedova con prole disabile. Ed è un'azionista di Veneto Banca. Questo è quello che dichiara nella scheda finanziaria; profilo di studio: scuola dell'obbligo; esperienze in ambito finanziario: nessuna. Strumenti finanziari dove ha già investito: Titoli di stato. Obiettivo dell'investimento: «Accantonare capitale in ottica di acquisti futuri e previdenziali». Rischio disposta ad assumersi: basso. «Desidero rivalutare il mio capitale in maniera limitata ma stabile» si legge.
R.B. ha già presentato reclamo all'istituto di Montebelluna perché ha perso tutti i soldi che dovevano andare in eredità alla prole, afflitta da handicap, in caso della sua scomparsa. Una situazione estrema. Si legge ancora nella scheda: non occupata. Lavoro saltuario. Reddito annuo sotto i 30 mila euro. Poi lo specchietto della sua posizione globale da cliente: mille euro solo in conto di liquidità pari allo 0,93% del portafoglio. Obbligazioni, tutte Veneto Banca, pari al 52% del portafoglio e un 35% di azioni sempre del Gruppo. In pratica l’87% del portafoglio è sbilanciato su azioni e bond Veneto Banca. Nell'ordine degli strumenti finanziari legati alla sottoscrizione delle obbligazioni nelle note si legge, quanto al questionario Mifid, che «la conoscenza non è soddisfatta». «Che per il presente ordine il cliente non si avvale del servizio di consulenza ma agisce di propria iniziativa» e che «la banca sconsiglia l'esecuzione dell'operazione in quanto non adeguata al profilo del cliente». E anche perché «inadeguata per obiettivi» e «inadeguata per rischio liquidità».
Viene da chiedersi come mai dichiarando un rischio basso, R.B. gestisca un portafoglio di questo tipo. Nella Mifid la cliente, quanto al rischio liquidità, dichiara infatti un rischio «basso» con «probabilità di liquidazione dell'investimento in ogni momento a prezzi di mercato». «Lei aveva accantonato dei risparmi e voleva destinarli come eredità, nel caso della sua scomparsa», spiegano gli avvocati Zanvettor e Bruschi. «La stessa sorte l'hanno riservata anche a un altro parente. Avevano espresso entrambi questa esplicita volontà di un accantonamento sicuro e la banca gli ha fatto comprare azioni». L’istituto di Montebelluna non commenta.
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