Impresa in rovina: "Dal club di Zonin al bilancio in rosso"

«Ero nel club di Gianni Zonin, ora rivoglio i miei soldi». Siamo in provincia di Vicenza. A casa di un imprenditore di cui non faremo il nome. Nel suo ufficio c'è una cartella rossa piena di carte della Popolare di Vicenza. Ha in mano un fascicolo, con la perizia di uno studio di esperti, ed è pronto ad andare in fondo. Ma non è solo. E' uno dei tanti piccoli imprenditori che oggi dicono di essere stati «stupidi» e di «essersi fidati». Così hanno firmato fuori sede, nella loro azienda, bevendo un caffé. E' successo anche al nostro imprenditore che ha coinvolto famiglia e impresa. Oggi si ritrova con operazioni baciate per diversi milioni.
«Ero nella rosa: ho partecipato a varie cene che la banca faceva in nella sede in centro a Vicenza. Capitavano due, tre volte l'anno. C'era Zonin, c'erano i suoi dirigenti. Io mi sentivo in un club esclusivo ma oggi penso che quello sia stato un grande disegno strategico per coinvolgere noi piccoli imprenditori, commercianti e artigiani». Tutto inizia nel 2013. «Mi chiama la banca - racconta - e mi propone delle azioni per darmi il fido». E' così che il conto corrente si sdoppia in un conto titoli. La proposta arriva da un funzionario: tutto avviene fuori dalla sede bancaria, in azienda. Poi viene coinvolta la famiglia. Tutti diventano azionisti con portafogli sbilanciati perché il peso delle azioni è del 97%. «La Banca ci ha promesso i dividendi e che poi le avremmo vendute». Ma il fondo di riacquisto si blocca e inizia la svalutazione. «Ora ho tutte queste azioni e non so cosa farmene» spiega.
Il valore di carico è di 62,50 euro. Ma non è tutto perché dalle carte emergono alcune criticità. «Si è riscontrato che la documentazione sottoscritta non è conforme alla normativa vigente che impone requisiti precisi che la documentazione bancaria deve rispettare per essere conforme alla normativa che interessa l'offerta fuori sede» si legge nella perizia legale. E non è l’unico caso. Sono quasi una trentina i piccoli imprenditori che in provincia di Vicenza stanno facendo squadra, nella mala sorte, per ottenere l'annullamento delle operazioni baciate. E le vicende si ripetono nelle stesse forme. Questi imprenditori hanno pratiche tra i 500 mila e oltre i 5 milioni. In 18 casi si tratta di operazioni baciate. In 16 le carte sono state firmate fuori sede. In nove casi il profilo di rischio, stando alle perizie, è incongruente. «Le operazioni baciate - spiegano gli esperti - non mettono in difficoltà l'imprenditore perché ha una perdita in conto capitale ma per il debito che questo si ritrova ad avere con la banca. E il maggior debito a bilancio diventa un rischio per l'impresa». Il rischio del pignoramento.
«Bisogna valutare bene la documentazione - confermano i legali dello studio Zanvettor Bruschi, Romina Zanvettor e Maria Bruschi - . Il fuori sede implica anche una responsabilità diretta del funzionario ma per noi, la controparte resta la banca. Abbiamo riscontrato un numero importante di casistiche di chiusura contratti e collocamento di prodotti finanziari fuori sede. Una prassi quasi di favore, ma dalle analisi emerge che questi funzionari non avevano i requisiti per operare fuori sede e, in alcuni casi, ci sono molti vizi che possono portare alla nullità del contratto». «La cosa grave è che la banca sta cercando di contattare questi clienti per firmare una manleva sui finanziamenti. Alcuni più gravi, potrebbero sfociare nel reato di estorsione» spiegano. «La manleva va oggi ad azionare ulteriori garanzie perché le azioni non hanno più valore. Alcune - concludono - contengono una riga che impegna il cliente a non fare causa alla banca».
Riproduzione riservata © il Nord Est