Nordest con il turbo a Piazza Affari, pesa il 17 per cento del listino milanese

Mercoledì 22 gennaio con il giornale il nuovo numero del nostro mensile Dalle piccole imprese crescente interesse per la quotazione

PADOVA. Quanto vale il Nordest in Borsa? E quanto potrebbe valere ancora? Sono due dei quesiti alla base del nuovo numero di Nordest Economia in edicola il 22 gennaio con con il nostro giornale. Nel numero ci sarà una ricognizione dettagliata dei diversi casi delle quotate nordestine, delle perfomance ottenute nell’ultimo anno, delle difficoltà per arrivare sui mercati finanziari e delle opportunità da cogliere.

Inoltre nel numero ci sarà un’intervista in esclusiva al group ceo di Generali Philippe Donnet sulle strategie di crescita della compagnia triestina.

I numeri

Le imprese del Triveneto controllate cubano sulle piazze finanziarie oltre 152 miliardi di euro. Un dato che beneficia della super big delle borse europee EssilorLuxottica, che da sola vale oltre 60 miliardi di euro, e che avendo un azionista di maggioranza che risponde al nome di Leonardo Del Vecchio, fondatore e patron di Luxottica, va legittimamente inserita nel novero delle “nordestine” sui mercati finanziari anche se quotata (almeno per ora domani chissà) a Parigi. Volendo guardare il solo mercato finanziario italiano, EssiLux è scambiata come detto all’Euronext di Parigi, il Nordest a Piazza Affari vale più di 91 miliardi e 726 milioni di euro.

In altri termini da solo somma circa il 17% del valore di capitalizzazione del listino Mta. In Borsa appare chiaramente come il Nordest industriale (e finanziario) sia rappresentato anche nelle sue dinamiche di mercato. Molte aziende infatti scontano le tensioni legate al commercio internazionali.

O i temi legati alla sostenibilità, all’innovazione o alla necessità di accedere a diverse modalità di sostegno finanziario. Non sfugge per esempio il fatto che la maggior parte delle aziende che sono andate a quotazione nel 2019 hanno scelto l’Aim Italia, vale a dire il mercato dedicato alle aziende di più piccole dimensioni, di 7 matricole, cinque hanno scelto il mercato alternativo.

Come pure che la piattaforma Elite, la piattaforma internazionale del London Stock Exchange Group, nata in Italia nel 2012, oltre ad offrire vari servizi alle aziende è una palestra per chi decide di intraprendere il percorso di quotazione.

Perché quotarsi

L’economista Paolo Gurisatti analizza nel numero le differenze tra il mercato finanziario per definizione, quello americano, e quello italiano.

«La prima cosa che viene in mente, scorrendo la lista delle imprese quotate del Nordest, è che sono tutte aziende innovative. Raccolgono capitali da azionisti diffusi, perché raccontano una storia convincente, tecnologica. E sono eccellenti nel rappresentare il carattere di servizio, a una filiera globale emergente, tipico del Made in Nordest. Sono aziende che seguono una traiettoria di crescita analoga a molte aziende high-tech Usa, con due differenze sostanziali» scrive Gurisatti.

Le due differenze sono il meccanismo delle stock option come strumento di incentivazione per la condivisione del rischio e l'impegno sul progetto e le caratteristiche degli investitori statunitensi, mediamente informarti e assistiti di più nelle scelte. «Ai capitani coraggiosi che scelgono la via della Borsa, a Nordest, va riconosciuto il merito di aver provato a evitare le trappole dei percorsi obbligati» scrive l’economista Gurisatti «a immagine e somiglianza delle start-up Usa».

Uscire dalla logica distrettuale e navigare come “indipendenti”, scegliendo fin da principio «una logica extra-territoriale (sia pure in piccolo), per valorizzare, fin dove possibile, la qualità public/manageriale del controllo e il ruolo dei collaboratori». Il fatto è che questi capitani, conclude Gurisatti, «sono rimasti maledettamente pochi, in confronto alle migliaia di imprenditori del Nordes». —

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