Motori a Nordest: un rombo potente muove aerei, navi e pale eoliche

Il motore più grande del mondo ha casa a Trieste e sembra un edificio alto quattro piani. Ha una potenza da 107 mila cavalli e i pistoni occupano mezzo metro di diametro. È un motore turbo navale che può raggiungere oltre i 22 nodi di velocità via mare, ma può essere usato anche come generatore elettrico. Brucia nafta e metano e lo produce la Wärtsilä, il colosso finlandese che negli anni Novanta ha eletto Trieste suo polo produttivo per la costruzione di motori per mega petroliere, navi da guerra o da crociera e perfino portacontainer.
Un pezzo di Torino a Trieste
Siamo al confine con la Slovenia, a dieci chilometri di distanza da Muggia. Qui sorgeva un tempo la Fabbrica Macchine di Sant’Andrea. A ridosso della collina, agli inizi degli anni Settanta, la grande Fiat italiana edificò lo stabilimento Grandi Motori Trieste (Gmt) per la produzione di grossi motori diesel. Perché qui? Perché a Torino, nel cuore industriale dei motori italiani, non c’era il mare. Ma a Trieste sì. E così si spostò a Nordest un pezzo di Torino, ovvero uomini e impianti produttivi; e si risarcì il capoluogo giuliano per la chiusura del cantiere San Marco.
Un “tuono” ad Arzignano
Ma il rombo dei motori a Nordest ha origini più lontane. Siamo nei primi anni del Novecento quando ad Arzignano Antonio Pellizzari, figlio dell’industriale Giacomo, si specializza nella produzione di piccoli motori elettrici, pompe e ventilatori. I più grandi esempi furono messi in mostra alla Campionaria di Vicenza nel 1946. Oggi sono pezzi d’archivio, ma Pellizzari Spa è ancora un punto di riferimento per l’economia della vallata vicentina. Anche se è stata assorbita da altri gruppi industriali, continua a produrre i suoi motori.
Il powertrain (la produzione di motrici, propulsori e macchine motrici) è un comparto di eccellenza che a Nordest non trova espressione in un distretto ma in singole e specializzate aziende. Colossi come Wärtsilä e piccole nicchie qualificate. Ma non di auto stiamo parlando. La produzione di motori automotive, a livello nazionale (dati Fim Cisl), si compone di oltre 1,5 milioni di pezzi prodotti tra benzina, diesel e altre alimentazioni. Ma il Nordest non partecipa a questa catena di valore.
Lì dove c’era l’erba
Per capire dove rombano i motori bisogna fare un salto in Trentino, precisamente a Grigno nella sede della Fly (Gruppo Forgital di Velo D’Astico, nel Vicentino): un’officina meccanica di nuova generazione dove si costruiscono componenti per motori d’aereo. Tra cui anche quelli della Rolls Royce. Stiamo parlando dei motori aerei civili più grandi ed efficienti al mondo. A Grigno si realizza, per esempio, il grande anello di titanio che con un diametro di 3,2 metri avvolge la ventola dei grandi jet. Tra i clienti di Fly c’è anche il consorzio ArianeSpace, la prima azienda mondiale nel trasporto spaziale commerciale. L’azienda trentina fattura 150 milioni e occupa 184 addetti. Nel 2010, quando è nata, lì a Grigno c’era solo erba.
L’energia del vento del Piave
Ha sede a Nordest, a San Donà di Piave, anche la Lafert, che produce motori elettrici customizzati per le energie rinnovabili. Pale eoliche, soprattutto. Ma non solo: i motori Lafert si sono nel tempo ampliati al settore ascensoristico e all’automazione industriale. Lafert è un campione europeo nel suo settore: nel 2017 il fatturato ha segnato 150 milioni, l’export raggiunge ormai il 73%.
L’auto elettrica Askoll e Birò
Si chiama Birò, ha quattro ruote e due motori 100% elettrici. Non inquina, non consuma benzina e non fa neanche rumore. La produce Estrima con sede a Pordenone e anni fa l’auto green made in Nordest, oggi perno del servizio di car sharing attivo in varie città nordestine (Trento in testa), ha attirato pure l’attenzione di Renzo Rosso che vi ha investito con la sua holding Red Circle. «Qui a Nordest è difficile ragionare per cluster come accade per la motor valley dell’Emilia-Romagna, uno dei distretti oggi più dinamici d’Italia al punto da inglobare anche un’Università», spiega l’economista Giancarlo Corò.
«Abbiamo però molti casi degni di interesse come il gruppo Askoll di Elio Marioni: un’azienda nata per la produzione di motori per acquari che è entrata poi nel mercato degli elettrodomestici (lavatrici e lavastoviglie) ma, quando la componentistica si è spostata a Oriente, ha svoltato verso la mobilità elettrica, quindi: biciclette a mobilità assistita ma anche scooter e il futuro già guarda all’auto elettrica», anticipa Corò. «Un caso di investimenti continui e importanti», spiega l’economista, «per riposizionare l’azienda verso il green». I casi nel Vicentino non mancano: dalla Nuova Sme di Arzignano per motori elettrici ad alta potenza per usi industriali fino alla Cima di Creazzo, Dagu, Tma senza contare il distretto delle pompe idrauliche non per riscaldamento. Nel monitor distretti elaborato da Intesa SanPaolo la meccatronica vicentina conta oltre 5 mila imprese, quasi 3.900 con meno di 50 addetti per un export di 5,4 miliardi.
Tutte le macchine d’Italia
I dati Federmacchine che sommano 13 diverse produzioni (dalle macchine per la lavorazione del legno, al tessile, vetro e perfino la produzione di Robot) vedono una popolazione industriale che occupa 185 mila addetti in Italia (+1,5% il trend positivo a fine 2016) con un fatturato aggregato di 41 miliardi e 29,2 miliardi di export.
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