Mantovani, due fumate nere: Cimolai e De Eccher si sfilano

Interrotte le trattative per la cessione di quote della Spa socia del Consorzio Venezia Nuova, quello del Mose. A entrambe le aziende interessava la Fip Industriale, ma il futuro della società dei Chiarotto resta incerto

PADOVA. Nessun matrimonio in vista in casa Mantovani. Né con Cimolai, né con Rizzani De Eccher. Nessun passaggio di quote, nessun accordo per il rilancio della società ridimensionata dallo scandalo Mose.

Il sole d’agosto, a quanto pare, non ha portato alcuna novità sostanziale su una questione che da più parti è guardata con vivo interesse. In prima battuta dagli oltre 370 dipendenti di Mantovani che sperano in un cambio di rotta dopo l’uscita di scena di Piergiorgio Baita (arrestato per le vicenda Mose), scandalo le cui dimensioni non sono ancora ben del tutto definite (il processo a carico di una parte dei responsabili non si è ancora concluso). Tornando alle trattative d’agosto, le due società di costruzioni (Cimolai e De Eccher) avevano intavolato nel mesi scorsi negoziati separati, in modo da esplorare il terreno che potesse portare a una acquisizione di quote consistenti dell’azienda padovana di proprietà di Serenissima Holding spa (società totalmente detenuta dalla famiglia Chiarotto), a sua volta socia nel Consorzio Venezia Nuova e impegnata, appunto, nella costruzione del Mose.

Mantovani, secondo lo schema disegnato dal team di legali a fine primavera (lo studio Cortellazzo-Soatto), aveva proposto di cedere fino al 50% delle proprie azioni al Gruppo Cimolai, azienda di Pordenone specializzata in carpenteria meccanica e già fornitore del Consorzio Venezia Nuova per quanto riguarda le paratie mobili. Compravendita che avrebbe dovuto coinvolgere, tuttavia, anche un’altra società della holding, la Fip Industriale. E proprio la Fip sarebbe stato il vero obiettivo sia di Cimolai che di Rizzani De Eccher: entrambe puntavano ad acquisire il know how dell’azienda di Selvazzano per utilizzarlo nei nuovi progetti e nelle nuove commesse anche all’estero.

Mantovani era forse il “dazio” da pagare per avere Fip. Infatti, nonostante il valore della produzione di Mantovani sia quasi doppio (386 milioni nel 2014) rispetto a quello di Fip Industriale (115 milioni nello stesso anno) l’azienda di Selvazzano Dentro (il cui presidente del consiglio di amministrazione è Donatella Chiarotto, figlia del Romeo) è considerata da tutti il vero “boccone pregiato”della Holding dei Chiarotto.

Ma se Cimolai aveva manifestato interesse anche all’acquisizione di Mantovani, la trattativa con De Eccher si è chiusa ancora prima di entrare nel vivo. A mettere i bastoni fra le ruote, tra l’altro, ci sarebbe anche la spada di Damocle del possibile diritto di prelazione che gli altri soci del Cvn avrebbero potuto esercitare nella compravendita una volta che Mantovani fosse stata messa sul mercato.

Alla Mantovani una commessa da 40 milioni
La redazione

Oltre a ciò, a rendere la società ora presieduta dall’ex questore Carmine Damiano, poco appetibile, più della crisi, sarebbe il portafoglio delle partecipate, che in un momento in cui il mercato è in stagnazione, rappresenta un’incognita non da poco: dal Consorzio Cdp (ha come oggetto la progettazione e la costruzione del grande raccordo anulare di Padova) al Consorzio via del Mare (progettazione e costruzione della superstrada a pedaggio A4-Jesolo), dal Consorzio Veneti Nuova Romea (realizzazione nuova Romea, progetto sfumato) ad Adria Infrastrutture, le cui perdite di bilancio (835 mila euro nel 2014) sono ritenute di «carattere durevole». Fino a Hydrostudio Consulting Engineering srl che dopo aver registrato una perdita di 946 mila euro, sta per essere ceduta «ad altri operatori».

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