[L'OPINIONE] Il sistema economico alla prova: tra sostegno alle crisi e azzardo morale

Dal 2008 ad oggi, tutti gli operatori economici hanno modificato il proprio comportamento in termini di propensione al rischio sull’aspettativa che le banche centrali faranno tutto il necessario, whatever it takes, per prevenire crolli o crisi di sistema.
Businessman, Stock exchange, Piazza Affari, Milan, lombardy, Italy
Businessman, Stock exchange, Piazza Affari, Milan, lombardy, Italy

“Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough” - Mario Draghi, European Central Bank

(Nei limiti del suo mandato, la BCE è pronta a fare tutto il necessario per preservare l'euro. E credetemi, sarà abbastanza) 

Se c’è una frase che riassume l'atteggiamento degli economisti alla guida delle banche centrali dalla grande crisi finanziaria del 2008 a oggi è questa. Ed è anche la frase più conosciuta e citata di Mario Draghi.

In questo caso il focus dell'intervento auspicato dalla banca centrale europea è sulla stabilità dell'euro ma il concetto a cui fa riferimento è che le banche centrali devono intervenire nell'economia nei momenti di crisi per ridurre l'impatto e la durata delle crisi economiche. Come prevedeva Keynes. 

E non a caso il mentore accademico di Mario Draghi fu l'economista keynesiano Federico Caffè, mentore anche di Ignazio Visco, e misteriosamente scomparso nel 1987 dopo una delle sue lezioni all'università' la Sapienza di Roma. Ma Keynes, a differenza di molti keynesiani moderni, prevedeva che l'interventismo dello stato nell'economia dovesse dipendere dalla fase del ciclo economico e non dovesse essere una costante. Pena il pericolo di creare atteggiamenti di "moral hazard" da parte degli operatori finanziari, in primis le banche.

Goldman Sachs, di cui Mario Draghi fu alla guida in Europa fino al 2005 curando in particolare i rapporti tra la banca americana e i governi e le istituzioni europee, fu proprio oggetto di forti critiche per un comportamento di azzardo morale dovuto alla facilitazione nell’uso di derivati complessi da parte del Governo Greco.

Queste operazioni esacerbarono e mascherarono problemi strutturali e portarono la Grecia al default che rischiò di trascinare con sé nella catastrofe l’intero sistema finanziario dell’area Euro salvato dall’interventismo della BCE sotto la guida di Draghi. La citazione iniziale, del 2012, segnò il punto di svolta per i mercati perché ebbe l’effetto di ristabilire la fiducia nel sistema economico e di riportare lo spread tra btp e bund nei limiti accettabili.

Un altro mentore illustre di Mario Draghi fu Franco Modigliani, economista neo-Keynesiano e vincitore del premio Nobel per l’economia nel 1985 grazie in particolare ai suoi studi sulle aspettative razionali degli operatori economici, recentemente contestate dalla finanza comportamentale.

Un altro caposaldo della teoria di Modigliani risiede nell’ipotesi che le persone aggiustino il proprio comportamento in base al tipo di intervento che prevedono sarà attuato dalle autorità centrali a sostegno dell’economia. Ed è esattamente quello che è successo dal 2008 ad oggi: tutti gli operatori economici hanno modificato il proprio comportamento in termini di propensione al rischio sull’aspettativa che le banche centrali faranno tutto il necessario, whatever it takes, per prevenire crolli o crisi di sistema.

A Wall Street, dove regna il pragmatismo, riepilogano il tutto con un concetto molto semplice: the FED put. Si riferiscono alla teorica, e immaginaria, opzione put che la banca centrale americana venderebbe automaticamente a tutti coloro che comprano l’azionario proteggendolo di fatto dalle crisi.

Mario Draghi, dalla BCE al governo Italiano. Christine Lagarde, dal governo Francese al Fondo Monetario Internazionale e ora alla BCE. Janet Yellen, dalla FED al governo degli Stati Uniti.

Keynesiani, neo-Keynesiani e post-Keynesiani. Sempre più commistione tra politica e finanza. Sempre più interventismo. E un gap sempre più ampio tra i ricchi, detentori degli asset finanziari che beneficiano maggiormente delle azioni quantitative a sostegno dell’economia, e i poveri.

Le regole del gioco sono cambiate e abbiamo assistito ad uno dei mercati rialzisti più forti e determinati di sempre, un mercato però in cui anche le crisi, per quanto momentanee, sono sempre più gravi e profonde e ogni volta hanno l’effetto di scuotere le fondamenta dell’apparato filosofico e teorico che sostiene il sistema in cui operiamo.

E ad oggi l’inflazione sta accelerando, se dovesse continuare a farlo oltre i livelli di guardia torneremo a sentir parlare di Stiglitz, che denuncio per la prima volta il problema del moral hazard, di Friedman e dei monetaristi. Che auspicano un controllo dell’offerta di moneta nel sistema, per evitare l’inflazione, e di sfociare nella persecuzione di politiche monetarie discrezionali miranti all’aumento della crescita a tutti i costi, come hanno fatto i quantitative easing della BCE e della FED e di cui il “whatever it takes” è la massima espressione.

Di sicuro viviamo in tempi interessanti: stia assistendo in diretta al più grande esperimento finanziario di sempre. La prova sul campo delle principali teorie economiche e monetarie del secolo scorso.

Renato Viero, CFA

RV Capital Partners

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