Dalla montagna al fashion tecnico: Campagnolo sfida il calo del mercato
L’ad Michela Campagnolo: «I nostri capi sono funzionali e difficili da copiare, nel 2024 i ricavi a quota 223 milioni. I nostri capi di abbigliamento tecnico da montagna rispondono a esigenze reali»

Con 223 milioni di euro di ricavi, 1200 dipendenti, di cui 600 in Italia tra le sedi di Romano d’Ezzelino, Bassano del Grappa, Trebaseleghe e 70 negozi, Fratelli Campagnolo è un gruppo che continua a distinguersi in un mercato che soffre, quello dell’abbigliamento.
«Le vendite sono costanti perché i nostri capi d’abbigliamento tecnico da montagna, per gli sport outdoor e per la città, rispondono ad esigenze reali».
«Non solo moda ma capi funzionali, per chi lavora, viaggia e non ha con sé il ferro da stiro. Prodotti che non si trovano altrove e non sono copiabili dal mondo del fast fashion, perché dietro c’è tanta ricerca».
Michela Campagnolo, amministratore delegato di Fratelli Campagnolo, racconta così il trend: «dopo il boost post Covid determinato dalla voglia di trascorrere tempo all’aria aperta, con punte di fatturato che hanno raggiunto i 271 milioni (2022) e 240 milioni (2023) rispetto ai 197 del 2021, ora siamo in una fase di assestamento. La marginalità, pur mantenendo un ottimo rapporto qualità-prezzo, continua ad essere buona. Così possiamo investire nello sviluppo di nuove proposte».
A trainare sono soprattutto i prodotti più conosciuti del gruppo, come i giubbini e le scarpe da trekking marchiate Cmp, brand nato nel 2010 - i cui prodotti esistevano già prima sotto il logo “Fratelli Campagnolo”- con cui viene realizzato l’87% del fatturato.
«Abbiamo cambiato nome per una disputa legale per omonimia avviata da un’altra azienda. La causa l’abbiamo vinta noi, ma nel frattempo era nato il marchio Cmp, è piaciuto al punto che l’abbiamo tenuto. L’abbigliamento sportivo Cmp è il nostro core business, ma continuiamo ad investire anche in altre nicchie per diversificare e sfruttare le economie di scala».
Oggi il gruppo conta cinque marchi:
«La linea bimbo Melby 0-16 anni, che abbiamo rilanciato, dopo aver acquisito un’azienda che era fallita, quest’anno è diventato un marchio storico che festeggia i 50 anni. Il fatturato è pari a 13,8 milioni, è una scelta coraggiosa perché, nonostante il calo delle nascite, crediamo in questo progetto rivolto ai bambini, alle famiglie e al futuro».
Tra i brand che piacciono all’estero, c’è Jeanne Baret «che si trova in corner di negozi italiani ma anche in Germania ed Austria ed è nato nel 2023, per le donne che cercano estetica e praticità, di target medio alto».
Poi c’è la collezione FC, «per coprire tutte le esigenze del mondo adulto, con focus sulle tute e Maryplaid linea nata nel 1995 dalla creatività di nostra sorella Maria Pia, dedicata all’intimo e arredo casa».
Il gruppo punta anche sulla fascia dei giovanissimi: «abbiamo lanciato una capsule CMP per i ventenni». Lo spirito d’iniziativa dei fratelli Campagnolo, con Michela, Fabio e Maria Pia, tutti tre soci e amministratori delegati del gruppo, è nel dna di famiglia.
L’avventura è partita nell’immediato dopoguerra da un banco del mercato a Bassano del Grappa, dove la nonna Maria Disegna, vedova con 5 figli, getta le basi di un impero tessile vendendo cappelli di lana.
Oggi il gruppo ha sedi produttive in Romania e Tunisia, “dove realizziamo il 15% dei capi, perché il resto viene prodotto tramite i nostri fornitori nel Far East”, e un cuore creativo veneto.
«Disegniamo e industrializziamo i capi a Romano d’Ezzelino, dove creiamo i prototipi e le campionature», sottolinea Michela. L'export vale oltre il 60% delle vendite. Per ora ci concentriamo sull’Europa, prima di lanciarci in nuovi progetti oltreoceano, perché l’America ci affascina, ma faremo il passo nel momento giusto, con lo sviluppo di prodotti dedicati». —
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