L’obbligo di sostenibilità ora si estende alle filiere. «Opportunità per le Pmi»
Nella Gazzetta ufficiale europea le norme della direttiva sulla due diligence per i criteri Esg. Riguarderà in primo luogo le grandi aziende, chiamate a certificare l’intera catena del valore

Davvero possiamo definire sostenibile un prodotto se, dietro, c’è lavoro minorile? Se chi lo ha materialmente realizzato è una persona sfruttata, pagata in nero, senza diritti né tutele? La risposta è, ovviamente, “no”. Ma questo apre a un’altra domanda: come posso io, consumatore finale, essere certo che il mio acquisto non alimenti queste iniquità? La direttiva Ue 2024/1760, pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Ue il 5 luglio, dal titolo Corporate sustainability due diligence directive, Csddd, ma chiamata anche Supply chain act, dà l’avvio ad un percorso destinato a offrire questo genere di certezza.
Ha avuto un percorso travagliato la Csddd, modificata nella sua stesura originaria è arrivata al traguardo definendo l’orizzonte temporale entro cui dovrà trovare applicazione, interessando inizialmente - e direttamente - le aziende di grande dimensione, fino a scendere a quelle di taglio medio. In realtà, però, la spinta verso una sostenibilità che si allarga dalla E di Environment, ovvero i temi ambientali, alla S di Social, non può che riverberarsi sulle Mpi, ovvero micro e piccole imprese, in qualità di fornitori di aziende più grandi. E se solo consideriamo la direzione di spinta della direttiva, ovvero la certificazione dell’intera filiera con un di più dato dalla due diligence, ecco che potrebbe rivelarsi vantaggioso accorciare la catena di fornitura.

La voce delle imprese arriva dalle associazioni di categoria. «Ci sono settori - ricorda Piero Petrucco, presidente di Confindustria Udine - in cui questo percorso è iniziato da tempo, penso ad esempio al gas, dove i grandi player hanno spinto i propri fornitori ad adeguarsi, e credo sia davvero l’unico modo per affermare una certa cultura. Le imprese del Friuli Venezia Giulia sono caratterizzate da elevati livelli di sostenibilità vera e questo, ora, avrà un valore, perché le Pmi possono proporsi come candidati ideali per ogni genere di filiera». «Una direttiva positiva - per Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico - anche se può suscitare qualche ansia da carte da produrre, perché spesso facciamo cose buone accompagnandole da cose cattive, come un eccesso di burocrazia. Ma la misura in sé è giusta e può suscitare un interesse per filiere corte. Abbiamo detto più volte che acquistiamo componenti in Paesi dove si fanno lavorare i minori, penso alle miniere di litio in Congo, o dove si fa dumping sociale, come in Cina. Quindi credo si possano generare condizioni per realizzare modalità di approvvigionamento diverse aprendo opportunità per le Pmi».
«La sostenibilità ambientale e sociale è fondamentale - sottolinea il principio Vincenzo Marinese, vicepresidente di Confindustria nazionale, preoccupato per l’impatto della direttiva sulle aziende - ma lo è anche quella economica. Quindi non vorrei mai che si appesantissero le Pmi con un aggravio di burocrazia Ue che si somma a quella nazionale. Perché se così fosse, rischieremmo la sconfitta. Ricordiamo che sono le imprese a generare benessere e posti di lavoro, e senza imprese né lavoro è a rischio la sostenibilità economica e sociale del Paese». Per cui: «Il Parlamento Ue dovrebbe valutare, prima di legiferare, l’impatto delle proprie decisioni».
L’artigianato, escluso da impatti diretti della norma, ne viene coinvolto «nella logica della filiera - riconosce il presidente di Confartigianato Veneto, Roberto Boschetto, che saluta con favore la direttiva. «Come Confartigianato Imprese Veneto stiamo investendo in programmi di sostenibilità e molte delle micro e piccole imprese si stanno dotando del bilancio di sostenibilità come certificazione volontaria», testimoniando «i passi in avanti già compiuti dalle nostre imprese» che hanno investito in impianti produttivi più efficienti, in impianti di produzione di energia elettrica da solare, nell’acquisto di automezzi elettrici o ibridi ecc. Ma «le normative destinate alle Mpi dovranno essere ritarate e riequilibrate in modo adeguato, senza che la sostenibilità diventi un ulteriore orpello vessatorio - avverte Boschetto -. Siamo convinti sia un’opportunità che siamo pronti a cogliere se supportati da adeguate risorse e sostegno al credito».
I COMMENTI

Vincenzo Marinese
«Ci saranno ricadute anche sulle Pmi - è l’opinione di Vincenzo Marinese, vicepresidente di Confindustria -, e non vorrei che si appesantissero da un carico di burocrazia Ue che si somma a quella italiana. E credo che il Parlamento europeo prima di legiferare debba valutare l’impatto economico delle decisioni, in positivo e in negativo. Da una classe dirigente così importante, da cittadini e da imprenditori ci attendiamo un’analisi costi/benefici».

Piero Petrucco
«La sostenibilità è un tema di cultura industriale intelligente - secondo Piero Petrucco, presidente di Confindustria Udine -, e chiedendo alle imprese di farsi carico della filiera, la direttiva porta con sé il vantaggio di estromettere dal mercato competitor spregiudicati. In Italia, ma sopratutto in Fvg in particolare, le aziende si caratterizzano per alti livelli di sostenibilità vera, e questo percorso che già è stato compiuto, ora finalmente avrà un valore».
Michelangelo Agrusti

«La direttiva in sé è giusta, anche se può suscitare qualche ansia rispetto alle carte da produrre - rileva Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico -, e può sollevare interesse per filiere corte, che è quello che ci attendiamo con la decadenza della globalizzazione disordinata. Abbiamo detto più volte che acquistiamo componenti in Paesi in cui bambini vengono inviati in miniera. Bene le opportunità per le Pmi, ma la competitività del sistema è un’altra cosa».
Roberto Boschetto

«È un passo in avanti che attendevamo dopo le innumerevoli enunciazioni in tema di sostenibilità - considera Roberto Boschetto, presidente di Confartigianato Veneto -, che non significa solo politiche ambientali, ma impone una mitigazione degli impatti negativi sui diritti umani e sulla qualità del lavoro». Secondo Boschetto la direttiva può essere «un’opportunità per gli artigiani che siamo pronti a cogliere se però supportati da adeguate risorse e sostegno al credito».
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