La mela made in Friuli vale venti milioni. All'estero il 50%

Qualità eccellente grazie alle favorevoli condizioni meteo. Sono quasi 31 mila le tonnellate immesse sul mercato con oltre 620 ettari coltivati l'anno e un export verso Europa e Nord Africa

Quello delle mele è un mercato che in Friuli Venezia Giulia vale 20 milioni di euro l'anno. Con circa 620 ettari coltivati, la produzione è di 31 mila tonnellate l'anno che per metà vengono vendute in Italia all'interno della Grande distribuzione organizzata, l'altra metà invece viene esportata nei paesi europei e in quelli del Nord Africa.

E quest'anno il meteo regalerà un ottimo raccolto. Le aziende frutticole del Friuli Venezia Giulia sono pronte ad avviare un raccolto che si annuncia di eccezionale per qualità e in linea con gli anni passati per quantità. Le operazioni partiranno con la varietà Gala, mentre la Golden sarà pronta dal 10 settembre, quindi secondo il calendario normale. «Dopo diversi anni in cui le condizioni climatiche sono state decisamente irregolari - commenta il presidente dell'associazione di produttori Mela Julia, Peter Larcher - il 2016 ha consentito invece una gestione ottimale di tutte le fasi della coltivazione: l'alternarsi dei giusti periodi di sole e pioggia, livelli di piovosità nella norma, nessun shock termico per caldi anomali. In particolare l'alternarsi nel mese di agosto di giornate soleggiate e notti fresche ha consentito di portare il grado zuccherino e il livello aromatico a parametri eccellenti, oltre a dare spiccate colorazioni ai frutti. Per tutto questo sarà un ottimo raccolto». La crisi ha colpito anche i coltivatori di mele. Delle mille 500 aziende del 2007, sono rimasti soltanto gli impianti che hanno saputo modernizzare la produzione investendo nelle nuove tecnologie.

«Molti hanno scelto di togliere le piante perché la crisi dei prezzi non consentiva più di fare un business redditizio - spiega Larcher -. Solo chi ha saputo innovare è sopravvissuto. Dobbiamo tuttora fare i conti con consumi ridotti e un'ampia offerta che ovviamente lima il prezzo verso il basso. La colpa non è della distribuzione che segue i prezzi del mercato, il problema è che c'è tanta produzione a livello comunitario e tanta offerta da fuori». Insieme al Friuli Venezia Giulia, fra le zone vocate alla produzione di mele sono il Trentino Alto Adige, Cuneo (con la mela rossa) e l'Igp della Valtellina. Fondamentale per la distribuzione dei prodotti è la Gdo.

«Esistono catene molto attente alla salubrità del prodotto - sono ancora le parole di Larcher - che scelgono soltanto mele italiane provenienti da zone vocate a tale produzione». Metà del fatturato arriva da questa strada. L'altra metà passa per l'esportazione: in paesi europei (non in Polonia che è il secondo produttore mondiale di mele) e nell'Africa del Nord. «I paesi arabi emergenti apprezzano moltissimo la nostra qualità nonostante costi di più rispetto al prodotto polacco» aggiunge Larcher. L'apparizione della cimice marmorata anche in Friuli non ha impensierito i produttori. «Si tratta di episodi marginali - precisa Larcher - che hanno interessato solo alcuni impianti, localizzati soprattutto nel codroipese. Nelle aziende strutturate certamente la cimice non ha creato problemi. In particolare per quelle coltivazioni che devono sottostare a rigidi disciplinari, come la Julia, sono obbligatori interventi manuali. Penso a una serie di aspetti agronomici, non chimici ma meccanici, come la rete antinsetti che punta a prevenire il problema». Michela
Zanutto

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