"La crisi della Mangiarotti è stata pilotata da Friulia"

TRIESTE Perché Friulia, dopo avervi investito 45 milioni di euro, ha ceduto la proprietà di Mangiarotti alla Westinghouse per poco più di 600mila euro? Forza Italia, con Rodolfo Ziberna, scrive la più lunga, e probabilmente dettagliata, interrogazione della legislatura. «L’argomento è serio, credo che siamo vicini alla scandalo», commenta il consigliere goriziano davanti a un dossier zeppo di documenti, verbali delle assemblee dei soci, dichiarazioni di stampa.
Lo «scandalo», secondo Ziberna, riguarderebbe «i soldi pubblici inceneriti nella strana storia della finanziaria regionale pesantemente dentro Mangiarotti e poi invece pronta a uscirne per due lire rispetto all’investimento iniziale». Dal domandone iniziale a una sfilza di interrogativi lunga una pagina rivolti a Serracchiani e Bolzonello, Ziberna, «dopo un paio di anni di ricostruzione», ripercorre una vicenda che ha origine nel 2010, quando Friulia entrò con 7,5 milioni di euro nel capitale sociale di Mangiarotti - uno dei maggiori produttori al mondo di componenti per l’industria nucleare, petrolifera e gasiera con stabilimenti a Monfalcone e Pannellia di Sedegliano -, con una seconda puntata nel 2012: altri 2,5 milioni a toccare quota 10 milioni e il 28,57% del pacchetto azionario.
Ziberna evidenzia innanzitutto con stupore che nulla si conosce delle convenzioni di pegno sottoscritte da Friulia in quell’occasione con Imc Holding che deteneva la maggioranza di Mangiarotti, «mancanza di trasparenza tanto più grave visto che l’azienda ha in pancia anche il 100% del pacchetto di Mangiarotti Nuclear e il 90% di Mangiarotti OOO». Ma il forzista aggiunge molti altri particolari. Ricorda che la crisi di Mangiarotti è stata finanziaria e non industriale, «visto che, a leggere i bilanci, le commesse viaggiavano attorni ai 360 milioni di euro», e sostiene che Westinghouse «non avrebbe potuto permetterne la chiusura dato che nelle officine di Pannelia e di Monfalcone si producono diversi manufatti essenziali per la costruzione di importanti centrali nucleari nel mondo, la cui mancata consegna avrebbe provocato alla società americana danni inestimabili sia di immagine che economici». E mostra «meraviglia» per il fatto che Friulia «non diede seguito nell’estate 2013 all’interesse manifestato proprio da Westinghouse al subentro nel patto di pegno stipulato con Imc. Tanto più strano in quanto la finanziaria Fvg dovrebbe rimanere nel capitale delle società a cui partecipata lo stretto tempo necessario a sostenerle per renderle autonome e indipendenti».
Nel mirino, inoltre, il voto di Friulia (l’unico soggetto, tra l’altro, che poté esprimerlo), un anno dopo, quando in assemblea dei soci di Mangiarotti fu deliberata la riduzione del capitale sociale da 35 a 2,1 milioni di euro, prima della successiva cessione a Westinghouse, «un regalo visto che ci si fermò a 600mila euro. Tutto questo senza che mai la finanziaria regionale abbia reso noto il reale valore di mercato dell’azienda e delle sue controllate». Chiamando in causa i vertici della Regione («L’operazione pare portata avanti e gestita più dalla politica che da Friulia») il consigliere di Fi trasmette in suo sospetto: «Appare non peregrino temere che dietro il velo della crisi finanziaria, potrebbe essere stato attuato (che ruolo ha in ciò la giunta regionale?) un preciso disegno volto a portare (consapevolmente?) Mangiarotti sulla soglia del fallimento ostacolando, invece di favorire, l’accesso al credito e i rapporti con le banche e con altri finanziatori o partener industriali, così da poter arrivare a giugno 2014 a una drastica riduzione del capitale che ha comportato non solo l’annullamento di 25 milioni di euro di azioni ordinarie, peraltro oggetto di garanzia per Friulia, ma anche quello di altre circa 7 milioni e ottocento mila azioni privilegiate di proprietà della finanziaria». (m.b.)
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