Monte dei Paschi fissa la soglia il 35% per conquistare Mediobanca

Il documento sull’Ops: un’adesione anche sotto il 50% ritenuta idonea a consentire il controllo. Intanto UniCredit fa il punto sull’Offerta per la conquista del Banco Bpm: focus sulla sentenza del Tar del Lazio il 9 luglio

Giorgio Barbieri
La sede di Mediobanca in Piazzetta Cuccia a Milano
La sede di Mediobanca in Piazzetta Cuccia a Milano

L’efficacia dell’offerta pubblica di scambio lanciata da Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca dipende da un requisito preciso: il raggiungimento di una soglia minima pari al 35% dei diritti di voto esercitabili in assemblea.

È quanto si legge nel prospetto informativo relativo all’aumento di capitale pubblicato da Mps, che sottolinea come questa soglia sia «non rinunciabile», a differenza di quella più alta, pari al 66,67%, che invece potrebbe essere oggetto di revisione.

Con l'arrivo delle oltre 200 pagine del prospetto l’operazione attende ora il parere di Mediobanca. Ma è già scontato che considererà ostile l’Ops. Ed è chiaro che con i dati del prospetto potrà fare critiche mirate. Poi la parola passerà agli azionisti di Piazzetta Cuccia: l’operazione partirà il 14 luglio sul mercato e durerà quaranta giorni di borsa aperta, fino all'8 settembre, visto che arriva in pieno periodo estivo e per dare modo al mercato di valutare i risultati della semestrale di Mps, in agenda il 5 agosto.

Tornando al prospetto, secondo Rocca Salimbeni anche con una partecipazione inferiore al 50% - dunque senza pieno controllo societario - l’operazione può comunque garantire il conseguimento degli obiettivi strategici, grazie a una «posizione di controllo di fatto» in grado di influenzare in modo determinante le decisioni assembleari di Mediobanca. Tuttavia, l’implementazione delle sinergie previste potrebbe subire delle dilazioni temporali. Il piano prevede infatti che, in caso di partecipazione pari o superiore al 35% ma inferiore al 50%, i benefici stimati siano realizzati in un orizzonte più lungo, con una piena attuazione delle sinergie nella prima parte del 2030. Nei tre anni successivi al perfezionamento dell’offerta, Mps stima comunque il conseguimento di circa il 50% delle sinergie previste.

Uno degli aspetti centrali dell’operazione riguarda le Dta (attività fiscali differite), che Mps punta a sfruttare appieno allargando la base imponibile grazie all’integrazione con Mediobanca. L’obiettivo è valorizzare fino a 2,9 miliardi di Dta, includendo anche 1,3 miliardi attualmente fuori bilancio, con un beneficio stimato in circa 500 milioni l’anno per sei anni. Ma questa accelerazione può avvenire solo con una partecipazione superiore al 50% che permetta la piena integrazione contabile tra i due gruppi. In caso contrario, l’utilizzo delle Dta sarebbe più lento e si protrarrebbe fino al 2036, con un beneficio annuo medio di circa 300 milioni.

Nonostante la portata dell’operazione, Mps garantisce che non vi saranno impatti negativi sui lavoratori di Mediobanca e delle sue controllate. Il gruppo senese afferma esplicitamente di non voler modificare unilateralmente i contratti di lavoro né ridurre l’organico. Al contrario, evidenzia la «complementarietà» tra i business dei due gruppi, escludendo effetti sul capitale umano o sulle sedi operative attuali.

Dal punto di vista patrimoniale, il Cet1 ratio fully loaded – principale indicatore di solidità bancaria – rimarrebbe su livelli solidi anche con adesioni parziali: al 17,8% con adesione totale, 16,6% al 66,67%, 16,2% al 50% e 15,6% al 35%.

Sullo sfondo di queste mosse strategiche, si muove anche UniCredit, che ha pubblicato un supplemento al proprio documento d’offerta relativo all’Ops su Banco Bpm. La banca guidata da Andrea Orcel continua a confrontarsi con le incognite derivanti dal Golden Power, che ha portato a un ricorso presso il Tar del Lazio. Il tribunale amministrativo si esprimerà il 9 luglio sull’istanza di annullamento – totale o parziale – del decreto governativo. UniCredit denuncia l’attuale mancanza di chiarezza normativa, che potrebbe esporre il gruppo al rischio di sanzioni fino al doppio del valore dell’operazione o comunque pari ad almeno l’1% del fatturato, che nel 2023 ha superato i 24 miliardi.

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