Alta velocità da Venezia a Trieste, pochi fondi e iter fermo: a che punto siamo

Stop al maxi-progetto quotato 7,5 miliardi con il nuovo tracciato litoraneo e la galleria nel Carso: il traguardo per la velocizzazione della linea è un rebus

Piero Tallandini
Un treno regionale in transito nella stazione di Trieste Airport (Bonaventura)
Un treno regionale in transito nella stazione di Trieste Airport (Bonaventura)

Da alta velocità a velocizzazione. Stop al faraonico maxi-progetto quotato 7,5 miliardi con nuovo tracciato “litoraneo” e galleria nel Carso, avanti con la soluzione “light” potenziando la linea Venezia-Trieste già esistente e spendendo non più di 1,8 miliardi.

Alla vera alta velocità, quella a 300 all’ora, il Friuli Venezia Giulia ha rinunciato da un pezzo. Morto e sepolto il progetto originario della Tav che presupponeva la costruzione di una nuova linea a ridosso del litorale adriatico, a sud del tracciato attuale, e poi un tunnel di una ventina di chilometri nelle rocce carsiche.

Troppi i 7,5 miliardi necessari, per non parlare dell’impatto sull’ambiente. Il nuovo tracciato avrebbe consentito di ridurre la durata dei viaggi tra Venezia-Mestre e Trieste a 55 minuti, a fronte di tempi di percorrenza medi che oggi sfiorano le due ore.

La storia

Il progetto preliminare, consegnato nel 2010, non è stato mai finanziato. Nel 2014 l’accordo tra l’amministrazione regionale all’epoca presieduta da Debora Serracchiani, la Regione Veneto già governata da Luca Zaia, l’allora ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi e Rfi sanciva la scelta definitiva a favore del “piano B”, ovvero ammodernamento tecnologico dell’infrastruttura ferroviaria esistente, per aumentarne la capacità e ridurre i tempi di percorrenza. Velocizzarla, insomma.

Non una scelta di mero ripiego, come rimarcato un anno dopo dall’amministratore delegato di Rfi Maurizio Gentile stimando che così i tempi di percorrenza si sarebbero attestati su un’ora e cinque minuti, solo dieci in più rispetto ai 55 minuti del maxi-progetto Tav, ma a fronte di un investimento non superiore a 1,8 miliardi: «Dieci minuti di percorrenza in più, ma un risparmio di 6 miliardi» dichiarò Gentile durante un forum a Trieste nel 2015.

I primi fondi

Nel 2016 il ministro Graziano Delrio aveva annunciato lo stanziamento di 200 milioni per una prima tranche, delineando anche il cronoprogramma di massima: tre anni di iter preparatorio, cinque per la realizzazione. Ma di fatto i primi lavori di “upgrade tecnologico e potenziamento infrastrutturale” sono entrati nel vivo solo lo scorso anno.

Obiettivi e fondi

Il primo obiettivo da raggiungere in ordine di tempo è delineato: aumentare il numero di treni in transito, dai sette attuali fino a dieci all’ora, oltre alla possibilità di far viaggiare treni più lunghi che contribuiscano allo spostamento modale trasferendo traffico dalle strade sulle rotaie. Il secondo obiettivo, innalzare la velocità consentendo di viaggiare a 200 orari, è invece ancora lontanissimo, anche perché allo stato attuale manca lo stanziamento necessario a coprire i costi dei lavori, pari a quasi 1,6 miliardi. Lavori tra i quali spicca, ad esempio, il nuovo ponte sull’Isonzo, dal costo stimato di oltre 300 milioni, non finanziati.

Finora risultano stanziati, complessivamente, non più di 309 milioni su 1,8 miliardi. Lo scorso luglio il viceministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi, in occasione del forum organizzato dal gruppo Nem nella sede dell’Autorità Portuale di Venezia, ha parlato anche della velocizzazione della linea.

«Abbiamo in realizzazione interventi di potenziamento tecnologico che già dal 2026 consentiranno di accrescere regolarità e capacità» le parole di Rixi. Lo scorso luglio alla Camera è passato all’unanimità l’odg presentato da Serracchiani per impegnare il Governo sui fondi per la Venezia-Trieste. Ma pochi mesi dopo, in dicembre, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, a Trieste per il tour “L’Italia dei Sì”, ha glissato sullo stanziamento mancante: prima «bisogna capire qual è l’investimento migliore per impattare meno sui territori».

Ora, quindi, a che punto siamo? L’intervento complessivo di upgrading sulla Venezia Mestre-Ronchi Sud è in corso. Prevede anche la realizzazione di un nuovo Apparato centrale computerizzato multistazione. Questo potenziamento tecnologico sarà completato nel secondo semestre 2027: consentirà il miglioramento dell’affidabilità, con benefici sulla regolarità della circolazione ferroviaria, l’aumento di capacità e l’innalzamento della velocità su alcune tratte fino a 200 all’ora.

Tracciato e comuni

Ma la velocizzazione dell’intera linea si potrà ottenere solo con la realizzazione delle varianti di tracciato. È stata effettuata una campagna di rilievi e studi sulle opere previste (ponti, ponticelli, viadotti, sottopassi) ed è in corso l’affidamento di una prima parte delle attività di adeguamento strutturale. Per i lavori di soppressione dei passaggi a livello sono aperti gli iter autorizzativi che coinvolgono i Comuni e che si stanno rivelando complicati. Pareri negativi sono già stati espressi dai Comuni di San Giorgio di Nogaro, Torviscosa, Cervignano, San Stino di Livenza e Ceggia. Ora è ripartito il confronto per trovare l’intesa su soluzioni progettuali alternative: prevedere una tempistica di conclusione dell’iter è arduo.

Le varianti infrastrutturali

Ancora più in alto mare il percorso verso la realizzazione delle varianti infrastrutturali. Per la variante Ronchi-Aurisina è stato redatto uno studio sulle alternative possibili di tracciato, ma sono necessarie interlocuzioni più approfondite con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica per un parere preliminare. Per la variante di Latisana sono state sviluppate diverse opzioni di tracciato su cui sarà riavviato un confronto con le istituzioni locali.

Per la variante di Portogruaro è in corso l’iter per la valutazione d’impatto ambientale, così come per il progetto della variante sull’Isonzo. In quest’ultimo caso la soluzione proposta è rappresentata da una variante di tracciato a doppio binario, che attraversa l’alveo del fiume con un nuovo viadotto che, oltre a garantire l’incremento di velocità, consentirà di migliorare le condizioni attuali oltrepassando le aree a elevata pericolosità idraulica. Il nuovo ponte sull’Isonzo, previsto in prossimità dei due oggi esistenti, avrà un costo stimato che, come detto, toccherà i 300 milioni.

Sulle tempistiche sbilanciarsi è ancora più complicato. Sul sito delle Ferrovie dello Stato si indica il 2025 come anno in cui si prevede di chiudere il procedimento autorizzativo per le varianti di Portogruaro, Latisana e Isonzo e per i due nuovi posti di movimento di San Donà e Fossalta (due binari di precedenza da realizzare esternamente ai binari di corsa).

Difficile credere, adesso, che sia una tempistica realistica, tanto più pensando alle difficoltà che si stanno riscontrando nell’iter con i Comuni per la soppressione dei passaggi a livello. E per la variante Ronchi-Aurisina l’anno previsto sul sito delle Fs per la fine dell’iter è addirittura il 2027. Il problema delle tempistiche indefinite, peraltro, appare persino secondario a fronte della mancanza, ad oggi, della copertura finanziaria. Velocizzazione sì, insomma, ma avanti piano...

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