Infrastrutture critiche: Fincantieri scommette sul dominio subacqueo

Il gruppo triestino punta a presidiare due aree chiave attorno ai porti: sicurezza e digitalizzazione. A maggio è nato il Polo tecnologico della subacquea, per riunire sotto un’unica regia radar, sensori e sottomarini

Giorgia Pacino
Deep, il sistema di droni autonomi subacquei ideato da Fincantieri per la protezione di infrastrutture critiche e aree portuali
Deep, il sistema di droni autonomi subacquei ideato da Fincantieri per la protezione di infrastrutture critiche e aree portuali

La subacquea come nuovo spazio da conquistare. Non è nuovo nelle parole dell’ad di Fincantieri Pierroberto Folgiero il parallelo tra l’underwater e la space economy. Il numero uno del gruppo triestino, tra i primi a intuire le potenzialità delle infrastrutture sottomarine e a investire in capacità industriale per la loro protezione, ha spesso parlato di «un nuovo dominio» simile a ciò che rappresentava lo spazio negli anni Sessanta: un territorio da occupare tecnologicamente e in cui far valere la leadership storica dell’Italia nel mondo dei sottomarini.

È in questa visione che va letta la strategia del gruppo di presidiare due aree chiave per il futuro delle infrastrutture portuali: sicurezza e digitalizzazione. La prima è gestita attraverso il Polo tecnologico della subacquea, struttura creata lo scorso maggio che riunisce sotto un’unica regia le capacità maturate da Fincantieri nella progettazione e costruzione di sottomarini, le tecnologie di Wass Submarine Systems nel campo della sensoristica acustica, il patrimonio di Ids nei sistemi unmanned, radar e di comunicazione avanzata e le competenze di Remazel Engineering sui veicoli autonomi. La seconda è affidata a Fincantieri Ingenium, joint venture con Accenture lanciata ad aprile per accelerare la trasformazione digitale delle infrastrutture portuali con lo sviluppo dell’ecosistema Navis Sapiens.

Sistemi complessi

Superato il concetto settecentesco del porto come mero pezzo di costa in cui le navi attraccano in banchina, per caricare e scaricare merci, Fincantieri guarda oggi all’evoluzione di un sistema complesso, che parte al largo dei fondali per proseguire nell’entroterra risalendo tutta la catena logistica.

L’ampliamento del concetto di porto, del resto, dipende dalla proliferazione di sistemi sottomarini, dall’oil&gas alle telecomunicazioni, che hanno trasformato il porto da semplice punto di attracco delle merci in vero e proprio hub infrastrutturale. È infatti in prossimità della costa che si trovano i punti più vulnerabili delle pipeline che viaggiano per chilometri e chilometri sui fondali marini, trasportando petrolio, gas, dati e informazioni.

Proteggerli non è semplice. Ai sistemi convenzionali, nati per proteggere le rotte via mare su cui ancora oggi viaggia oltre l’80% del commercio mondiale, si devono affiancare nuovi sistemi di protezione, capaci di identificare e bloccare minacce nuove, spesso ibride. È quello che punta a fare Deep, il primo sistema di droni subacquei messo a punto da Fincantieri la cui prima sperimentazione in acqua è avvenuta a fine ottobre a La Spezia. Il sistema si compone di una rete di sensori subacquei per l’allarme preventivo, di un centro di comando e controllo per la gestione operativa in tempo reale, di una squadra di veicoli subacquei autonomi in grado di condurre missioni a diversi livelli di autonomia, cooperazione e coordinamento e di un sistema AI-based dedicato all’analisi e all’elaborazione dei dati. Progettato fin dall’inizio a carattere duale, Deep è capace di rispondere sia a esigenze civili sia a impieghi di difesa e sicurezza garantendo la protezione delle infrastrutture critiche subacquee e delle aree portuali.

Il mercato globale

Secondo i calcoli di Fincantieri, attorno alla subacquea si muove oggi un mercato globale il cui valore si aggira attorno ai 50 miliardi di euro l’anno. Il gruppo triestino, che si candida come attore guida nello sviluppo di questa nuova infrastruttura strategica, stima di poter accedere a una fetta pari a 22 miliardi l’anno. Per gestire il dominio dell’underwater non basta però presidiare ciò che avviene sotto la superficie dell’acqua.

Una volta raccolte le informazioni, grazie ai droni sottomarini capaci di mappare il territorio e rilevare anomalie, queste vanno infatti portate sulla terraferma, in banchina, ed elaborate. Qui entra in campo l’investimento sulla digitalizzazione delle infrastrutture portuali, che mira a ottimizzare la catena logistica da terra al sistema nave e di gestire tutto quanto avviene attorno al porto: aree di stazionamento logistico, snodi ferroviari, interporti. Digitalizzare tutti processi significa poter fare manutenzione predittiva e ottimizzare i movimenti attorno al porto, sia in termini di automazione sia in termini di sorveglianza.

Non è un caso, infatti, che questo lungo lavoro di progettazione e sviluppo sia arrivato a maturazione, con la definizione di un sistema compiuto di protezione, là dove le minacce non sono teoria ma pratica quotidiana.

Progetto Odessa

Il progetto per la messa in sicurezza delle infrastrutture critiche del porto di Odessa, presentato a luglio a Roma da Fincantieri alla Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, si pone come premessa fondamentale per la ripartenza del Paese.

Prima del conflitto, Odessa era il cuore marittimo dell’Ucraina: lì veniva movimentato oltre il 60% delle esportazioni di cereali. Nonostante la guerra, nei primi tre mesi del 2025 sono state 659 le navi che hanno fatto scalo nei porti dell’area, a fronte di oltre 35 attacchi russi, 400 impianti danneggiati e 30 navi colpite. Il traffico ha superato i livelli prebellici, con oltre cinquemila navi transitate tra agosto 2024 e aprile 2025. Nel 2026 si prevede di raggiungere 700 mila Teu di merci movimentate.

Il sistema progettato da Fincantieri per Odessa crea una “bolla di sicurezza” marittima di 25 chilometri, capace di proteggere le infrastrutture sottomarine, i bacini e l’area portuale grazie all’integrazione di radar, sistemi elettro-ottici a lungo raggio, sonar e droni capaci di una comunicazione subacquea in tempo reale. Un progetto che non è un elenco di possibili traguardi dell’innovazione, ma un insieme di tecnologie mature che aspettano solo di essere messe a sistema.

In uno scenario post bellico, ma anche in un contesto di minacce ibride diffuse a ogni latitudine, dal Mar Rosso al Mar Baltico, fino al Mar Mediterraneo, «il più geopolitico dei mari» per Folgiero. E che potranno trovare applicazione prima di quanto si creda, a Odessa come a Trieste.

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