A un passo dal futuro: «Ecco come funzionerà Hyper Transfer»
I docenti che hanno lavorato al progetto del treno superveloce : «Almeno 6-7 anni per i primi 10 chilometri, altri 20 per arrivare a Milano»

«Una capsula pressurizzata, sorta di aereo senz’ali, capace di avanzare lungo un tubo sottovuoto, senza mai toccarlo.
Rimanendo sospesa, grazie alla levitazione magnetica, e riuscendo a raggiungere una velocità di mille chilometri orari.
Potrebbe esserci una sola “cellula” che procede avanti e indietro dalle due stazioni limite; o più cellule, con la previsione in questo caso di stazioni di scambio. E solo su distanze lunghe: si potrebbe ipotizzare una stazione ogni 100-150 chilometri, sotto non avrebbe senso».
Dal dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova, raccontano così il sistema di Hyper Transfer Gaudenzio Meneghesso, professore ordinario di Elettronica e direttore del dipartimento, e Alessandro Beghi, professore ordinario di Ingegneria dei sistemi di controllo.
Insieme hanno coordinato un gruppo di colleghi dai dipartimenti di Ingegneria industriale, di Tecnica e gestione dei sistemi industriali, di Ingegneria civile edile e ambientale e di Matematica, che hanno supportato Cav nell'interazione con il consorzio capitanato da Webuild, autore dello studio di fattibilità per progettare questo nuovo mezzo ultraveloce. Il treno del futuro, capace di abbattere le barriere dell’immaginazione ma, soprattutto, le distanze.

E a prezzi che potrebbero essere accessibili. «Nello studio si è confrontato l’Hyper Transfer all’Alta velocità. I costi sono comparabili sui 300 chilometri, ma il nuovo sistema diventa persino più vantaggioso sui 500».
E quindi, considerata una prima fase più “dura” per ammortizzare le spese – l’esperienza della Pedemontana, in questo, è maestra – anche i costi in capo ai privati che potrebbero usufruirne potrebbero essere paragonati a quelli attualmente sostenuti per i convogli dell’Alta velocità.
Sì, ma di quale futuro parliamo? «Un paio d’anni, per il progetto esecutivo relativo ai primi dieci chilometri, tra Venezia e Padova; e altri quattro o cinque per realizzarlo» dice Beghi. E quindi – detto che, prima, bisognerà recuperare i finanziamenti: un miliardo di euro è la stima per la tratta sperimentale, ma potrebbe esserne sufficiente meno – per vedere la prima “navetta” correre lungo il rettilineo della A4 tra Mestre e Padova Est potrebbero servire sei o sette anni. «E poi probabilmente un’altra decina, ma è un calcolo assolutamente approssimativo, per spingersi fino a Milano» dice Meneghesso.
Approssimativo, sì, perché appunto prima è necessario che il progetto venga finanziato. Ma, oltre a Webuild e Leonardo, potrebbe già esserci qualche player interessato. Detto che, ammette Beghi, «sarebbe importante avere a bordo un soggetto pubblico». E se, poi, dovessero affacciarsi dei Paesi stranieri, magari nella forma del partenariato europeo – la Germania, ad esempio – allora sarebbe il massimo. «Abbiamo dieci anni per dimostrare che il progetto funziona, poi si apre l’altra fase» spiegano i docenti.
Puro avvenirismo? «Lo si diceva pure delle supercar, le auto capaci di viaggiare da sole, eppure oggi esistono» risponde Meneghesso. È la storia del coraggio, dei grandi slanci e del futuro che irrompe nell’oggi.
«Ma di un sistema di trasporto a propulsione e levitazione si parla sin dal secolo scorso. Poi è tornato in auge. E ora è stato fatto il primo vero studio, che ne ha valutato gli impatti economico, energetico e di sostenibilità sotto ogni punto di vista» spiega Beghi.
Anche perché, precisa Meneghesso, uno dei punti di forza del progetto consiste nella sua capacità di utilizzare tecnologie esistenti. «Non dobbiamo inventarci niente di nuovo» dice, «Le tecnologie sono note e studiate. Ne conosciamo i limiti. Ora si tratta solo di metterle insieme». Che, comunque, poco non è.
In ogni caso, la risposta definitiva: «Dal punto di vista tecnico non ci sono motivi ostativi alla realizzazione dell’Hyper Transfer. Economicamente, poi, il sistema è competitivo».
Poi, però. Perché prima serviranno i soldi, che pochi non sono: un miliardo per i primi dieci chilometri, e un costo per quelli successivi che sarà alto, ma proporzionalmente inferiore. Ecco il primo ostacolo che sposta in avanti l’orizzonte temporale per la realizzazione. Con la necessità di collocare l’infrastruttura sul territorio.
Perché, va bene i dieci chilometri di rettilineo tra Mestre e Padova. Ma poi servirà fare i conti con l’orografia dell’Italia e con la sua rete infrastrutturale fatta di tunnel e curve. Già, perché, spiega Meneghesso, «è chiaro che sia l'elevata velocità che il particolare sistema di propulsione e levitazione impongono forti vincoli sulla forma del tracciato».
E, del resto, spiega lui stesso: «La realizzazione di infrastrutture così importanti richiede sempre tempi lunghi».
E quindi va bene l’entusiasmo per il futuro, ma il futuro resta futuro. Solo che ora è un passo più vicino.
Riproduzione riservata © il Nord Est